(Sanniopress) – Mentre a Benevento si fa festa per l’inserimento della chiesa di S. Sofia nella «World Heritage List» dell’Unesco, a Salerno, invece, la delusione si taglia a fette. E rivelarlo è il Corriere del Mezzogiorno in un articolo a firma di Francesco Durante: “Ben diverso il clima a Salerno, fuori gioco benché conservi, nel complesso di San Pietro a Corte, l’unico esempio di architettura palaziale longobarda al mondo. Anche se l’esclusione era praticamente annunciata, è pur sempre di quelle che bruciano.
Felice Pastore, direttore del Gruppo Archeologico Salernitano, trova che ai danni di Salerno si sia consumata una congiura politica. «Tutto è partito dai sindaci di Brescia e Cividale, che peraltro hanno sfruttato una nostra idea: nel 2000 andammo in Friuli per un gemellaggio tra il primo ducato e l’ultimo principato longobardi, accomunati da due straordinarie figure come quelle di Arechi II e Paolo Diacono, l’uno genero dell’ultimo re longobardo, l’altro, lo storico del suo popolo, precettore di sua moglie» .
Secondo il Corriere del Mezzogiorno, “l’inghippo nasce dal fatto che il progetto «Italia Langobardorum» si limita a un arco temporale che va dal 568 (arrivo dei Longobardi in Italia) e il 774 (sconfitta del loro ultimo re, Desiderio, da parte di Carlo Magno). È un limite che per i salernitani non ha senso, e non si può non dargli ragione. Se infatti i Longobardi del Nord furono spazzati via nel 774, nel Sud regnarono fino al 1076, quando, quasi senza colpo ferire, i Normanni ne raccolsero l’eredità. «Qualcuno» , dice Pastore, «deve aver deciso che il palazzo di Arechi a San Pietro a Corte fu edficiato dopo il 774. Non si sa a quale documento abbia potuto appoggiarsi. Noi però sappiamo da Agnello Ravennate, un monaco vissuto nel X secolo, che il figlio di Desiderio, Adelchi, dopo la sconfitta fuggì a Costantinopoli facendo tappa a Salerno, per chiedere alla sorella e al cognato che lo aiutassero a riconquistare il regno perduto. E dove potrebbero averlo accolto, se non nel palazzo del principe? Inoltre, se confrontiamo le tecniche costruttive di Santa Sofia a Benevento con quelle di San Pietro a Corte, vediamo che sono molto simili. Quindi, aver giudicato il complesso posteriore al 774 è secondo me frutto di madornale ignoranza» . Di chi la colpa? Pastore può solo fare delle ipotesi. Teme, per esempio, che dalle soprintendenze siano arrivate al ministero «relazioni sbagliate» , e ciò spiegherebbe anche il fatto, in verità curioso, che da tutta la partita sono stati esclusi anche siti come Pavia e Monza con tanto di cattedrale di San Giovanni Evangelista e corona ferrea). Il ministero dunque, «non ha monitorato bene il progetto». Non resta che sperare che le maglie di «Italia Langobardorum» prima o poi possano riaprirsi”.
Il Corriere del Mezzogiorno ricorda infine che, “nel giorno della sconfitta alla lotteria Unesco, suona quasi come una beffa: da ieri, infatti, per la prima volta, i salernitani devono pagare un biglietto (3 euro) per accedere al castello di Arechi”.