di Antonio Tretola
“Tutto quello di cui c’è bisogno perchè il commercio giunga al suo massimo grado di prosperità è lasciar fare. Ma tutto ciò di cui c’è bisogno perchè lo spirito umano giunga al massimo grado di attività, profondità e giustizia è lasciar scrivere”. Così uno dei più grandi pensatori dell’età moderna, Benjamin Constant, chiariva con abbagliante limpidezza quale sia davvero l’essenza della democrazia, la sua cifra più autenticamente specifica: la libera espressione e circolazione delle idee.
I progressi della libertà umana sono coincisi sempre con la crescita dei mezzi attraverso i quali è possibile consentire alle idee di circolare, diffondersi, espandersi perchè la verità emerge solo dal confronto, dalla dialettica, dallo scambio fecondo di idee e le società si inciviliscono quanto più attiva è la partecipazione di coloro che le compongono, quanto più costante è l’azione che gli uomini mettono in campo per migliorarle.
La parola è il mezzo più prezioso per sorvegliare il potere, combattere il sopruso, esprimere un’idea, l’arma più pericolosa, eppure immensamente pacifica, per coloro che praticano il sotterfugio, l’inganno o addirittura l’illegalità.
Tra tutte le novità che la tecnologia ha generato, tra tutte le innovazioni che la Tecnica ha prodotto nel suo vorticoso cammino, Internet, il mondo della Rete, è certamente la “conquista” che ha generato i cambiamenti più vasti, profondi e incisivi.
La Rete è il regno della parola, della creatività, delle idee che si contaminano, si scontrano, ma infine si esprimono e così producono quel fresco vento di rinnovamento che spazza via l’apatia, il silenzio compiacente, quella indifferenza che è la malattia mortale della democrazia. Per sedici lunghi anni il referendum, questo luminoso strumento che ha segnato le più importanti acquisizioni civili del Dopoguerra (divorzio, interruzione di gravidanza, finanziamento pubblico ai partiti), si è abbattuto contro il muro di gomma dell’accidia, del disinteresse, della disaffezione: non questa volta però, non più.
Stavolta era diverso, perchè stavolta i link, i video, i post invadevano i “profili” e spiegavano, coinvolgevano, stimolavano la discussione, facevano sì che tutti potessero formarsi un’opinione, che tutti potessero sentirsi, come si augurava il cantautore in quella famosa Canzone, “coinvolti”.
L’acqua, il nucleare, la stessa uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, sebbene il quarto quesito fosse il più “politicizzato”, sono argomenti che riguardano la vita, la salute dei cittadini e l’importanza degli oggetti del contendere ha favorito questo epocale risveglio delle coscienze, ma il dato straordinariamente originale resta quello di una nuova seducente, forma di coinvolgimento. Se qualche importante tiggì cercava di sviare, l’amico tenace postava le immagini di Fukushima per ricordarti che l’atomo deve restare sui libri di fisica, se qualche talk ti proponeva la solita, ritrita manfrina della “tintarella sicura” , la tua “bacheca” ti ricordava che l’acqua non è un cellulare, nè un videogame, non è una fonte di profitto (come maldestramente appariva dall’ abrogata Legge Ronchi) ma una fonte di vita.
Forse questi referendum non abbatteranno il governo ( ed è giusto che sia così perchè gli elettori hanno abrogato leggi, non governi) ma hanno già segnato uno spartiacque: come i circoli, i libri, i club generarono quel florilegio di idee dalle quali nacque la Rivoluzione Francese, Facebook, Youtube, Twitter, sono l’ariete lanciato a scardinare la politica intesa come “gruppo di potere”, come casta elitaria con accesso limitato. I politici si adegueranno, dopo l’iniziale tentennamento nessuno si esimerà dal lanciarsi nel mare magnum della rete, ma lì non ci saranno domande pre-confezionate e benevolenti maggiordomi, ma solo cittadini liberi di esprimere e di esprimersi. La metamorfosi si è ormai però irrimediabilmente compiuta: la piazza (che una volta era la piazza del comizio) è divenuta un’immensa agorà senza fili e senza barriere, il salotto televisivo un soggiorno spazioso dove le “ospitate” sono libere e prive di filtro, il “virtuale” è diventato “reale”, il “virtuale” vota, muove consensi, smuove coscienze e la politica italiana, come sempre in netto ritardo, dovrà quantomeno tenerne conto,.