di Giancristiano Desiderio
(Sanniopress) – “Napoli è stata liberata” sono state le prime parole del neosindaco Luigi De Magistris. Effettivamente, l’ex pubblico ministero, paragonato spesso e volentieri al povero Masaniello, ha scassato tutto facendo piazza pulita del governo (la sinistra) e dell’opposizione (la destra). La vittoria dell’Italia dei valori in chiave partenopea e della “sinistra irregolare” rappresenta un “nuovo inizio” che ci riporta al 1993. Si ricomincia. Ma con un ma. “Napoli è stata liberata” ma o il sindaco e la sua squadra l’amministreranno bene o la prossima volta invece della liberazione “di” Napoli ci sarà la liberazione “da” Napoli.
In Italia ogni capoluogo di regione è, come rivela la parola, “capo” del “luogo” e funge da modello e traino per gli altri capoluoghi di provincia e per la regione intera. Così è senz’altro per Milano e la Lombardia, per Torino e il Piemonte, anche per Firenze e la Toscana o per Cagliari e la Sardegna. In Campania le cose stanno diversamente. Napoli, ex capitale del Mezzogiorno, non è un buon modello a cui ispirarsi e, sul piano economico, non è neanche una locomotiva. Anzi, la mobilità lavorativa regionale si sposta più verso Roma e il Lazio che verso l’area napoletana. Insomma, la città che la vittoria di De Magistris ha “liberato” non è un’occasione ma un ostacolo per le altre città e aree regionali che, infatti, parlano di “napolicentrismo”.
Se Napoli fosse un’opportunità di sviluppo e crescita civile, il cosiddetto napolicentrismo sarebbe una cosa fin troppo normale e sarebbe un valore, ma siccome la città capoluogo crea di fatto problemi al “resto della Campania” ecco che il napolicentrismo è visto come un disvalore e addirittura un sopruso. In particolare, sono tre i “difetti” di Napoli che le “zone interne” avvertono con sofferenza: i rifiuti, la sanità, il crimine. Napoli assorbe risorse e finanziamenti e non li restituisce in termini di servizi e sviluppo: anzi, “riversa” sulla Campania i suoi disservizi e le sue inadempienze e da qui nasce quel diffuso sentimento anti-napoletano che è all’origine di varie ipotesi di “secessione regionale”. Conta poco, molto poco che si tratti solo di velleità e progetti non realizzabili. Ciò che fa la differenza in campo civile e politico è che il sentimento di insofferenza e stanchezza della Campania nei confronti della città di Napoli e dei suoi fallimenti è reale.
La battuta del presidente del Consiglio sui milanesi e i napoletani “che lasciano a casa il cervello se votano la sinistra” è stata ripagata come sappiamo. Tuttavia, ora il primo cervello di Napoli dovrà funzionare al meglio perché le aspettative che ha creato la sua vittoria sono tali e tante che un “nuovo inizio” privo di risultati sarebbe fatale per il capoluogo senza capo né coda. Un solo esempio: il termovalorizzatore. Il sindaco chiede al presidente di non farlo e Caldoro risponde picche. Ma al “resto della Campania” che subisce i danni del disservizio napoletano la disputa non interessa. A Benevento, Avellino, Salerno si vuole che anche a Napoli ci sia e funzioni la raccolta differenziata. E’ compito del nuovo governo cittadino realizzarla. Non altro.