di Giacristiano Desiderio
A Milano è iniziata e a Milano è finita. Che cosa? L’avventura politica di Silvio Berlusconi e della Seconda repubblica. Sandro Bondi, riconoscendo la sconfitta, ha rimesso il mandato di coordinatore del Pdl nelle mani del presidente del Consiglio. Ma la vittoria di Pisapia a Milano e di de Magistris a Napoli – alle quali vanno poi aggiunte le altre sconfitte della coalizione di governo a Cagliari, Trieste, Novara – è qualcosa di più della sconfitta del partito di maggioranza (molto) relativa: è la sconfitta politica di Berlusconi. Lui stesso ha chiesto – anche se ora fa di tutto per farlo dimenticare – un referendum sulla sua leadership e gli elettori gli hanno detto no. Non si tratta, va precisato, di elettori qualunque: sono gli elettori che, per motivi diversi, sono più vicini al capo del governo e al suo partito del predellino. Gli elettori di Milano e di Napoli sono in qualche modo la sintesi ideale della nazione che sta mandando in archivio la Seconda repubblica. Ora si volta pagina.
In questi venti anni, la Seconda repubblica – con i suoi leader, con il bipolarismo, con il maggioritario, con il federalismo – avrebbe dovuto dare agli italiani e al Paese un sistema istituzionale più stabile, più deciso e decisivo, più responsabile ed efficiente. In una sola parola: moderno. Il risultato, invece, è stato sconfortante: il tratto principale di questo ventennio buttato al vento è stato l’altissimo tasso di litigiosità che ha preso ben presto la forma di una guerra civile mentale o virtuale. Il bipolarismo avrebbe dovuto prima di tutto pacificare una volta per sempre la nazione, invece l’ha infuocata estremizzando la politica che, rincorrendo parole e comunicazione, si è rarefatta ed è diventata inconcludente. L’Italia, oggi, dopo venti anni di bipolarismo incivile e dieci di governo berlusconiano, è un paese stanco che chiede una cosa su tutte: serietà. Le forze politiche, di governo e di opposizione, hanno l’obbligo di recuperare un discorso serio intorno alla politica. La prima cosa da fare è uscire dal bipolarismo senza governo in cui siamo precipitati. Per farlo con maggior agevolezza va riformata la legge elettorale.
Il premio di maggioranza doveva servire a dare stabilità ai vincitori e quindi governo. Invece, è dimostrato che serve a vincere ma non a governare. Perseverare nell’errore sarebbe diabolico. La stabilità di governo costruita su base puramente elettorale si è rivelata un’illusione: il governo o è virtuoso, ossia stabile di suo, oppure con la legge elettorale riuscirà solo ad indossare la classica camicia di Nesso. La storia di questo governo in carica è da questo punto di vista un caso di scuola: l’esistenza del governo garantisce l’esistenza del Pdl ma l’esistenza del Pdl non è in grado di garantire l’esistenza del governo. E’ la fine della politica.
Che cosa avverrà nei prossimi giorni nessuno lo sa. Ma tutti sappiamo che cosa è avvenuto nei giorni precedenti. La storia che abbiamo alle nostre spalle nasce più dal futuro che dal passato. Il berlusconismo è finito e con la sua fine si spera che terminerà anche la storia di una sinistra che ha concepito se stessa solo in termini di contrappunto. Il “terzo polo” è destinato ad essere tale non nella numerazione, ma nella politica perché può svolgere la funzione che gli è propria di moderazione e limitazione del potere politico o partitico e dei suoi arbitrii. La Seconda repubblica produce due cose tra loro legate in ordine di tempo e sequenza: estremismo e fallimento.
(tratto da Liberal)