di Giancristiano Desiderio
(Sanniopress) – Billy Nuzzolillo mi sollecita a ritornare sul caso del Teatro Romano. Lo faccio volentieri sia perché il Teatro merita di essere recuperato e restituito alla Città sia perché l’iniziativa della compagnia stabile Solot è lodevole. Michelangelo Fetto dimostra di essere un autentico uomo di teatro anche quando decide di fare lo spazzino: se nessuno fa niente – deve essere stato il suo ragionamento – è bene passare dalle parole ai fatti, rimbocchiamoci le maniche e diamoci da fare. Un tempo una cosa del genere sarebbe stata bollata come qualunquistica, oggi è impegno civico. Ma cos’altro ha da fare un autore e attore se nella sua Città nessuno – ripeto: nessuno – fa letteralmente nulla per recuperare alla vita civile l’architettura e l’istituzione più antica e bella legata al teatro, allo spettacolo e alla cultura?
Sono state scritte e dette tante cose sul Teatro Romano. Lo stato della struttura è stata documentata con fotografie e anche con video. Eppure, nonostante rivendicazioni, spiegazioni, rassicurazioni non è stato fatto niente di concreto. Il comune dice che non gli compete. La provincia dice che non c’entra. La soprintendenza si duole ma dice di avere le carte in regola e soprattutto di non avere fondi. Ma i beneventani che ricordano di essere stati al Teatro Romano e di aver assistito fino a qualche anno fa a spettacoli teatrali e televisivi si chiedono semplicemente perché qualche anno fa il Teatro era usato e oggi è chiuso. Che cos’è che manca al Teatro per essere aperto e usato? L’agibilità. La sicurezza. Problemi seri, ma non insormontabili.
Le istituzioni – soprintendenza, comune, provincia – sono davanti a una scelta: o affrontare il problema e risolverlo o lasciare il Teatro Romano al degrado. Va da sé, infatti, che qui non c’è una terza soluzione perché soltanto l’uso della struttura può custodire e salvare il Teatro dal degrado. Lo stato di degrado in cui si trova non è la conseguenza della inagibilità ma della inattività. Se Benevento e i beneventani vogliono salvare il loro grande Teatro devono pretendere dalle istituzioni che sia messo in sicurezza e restituito alle attività teatrali. Bisogna riportare lì dentro nuovamente la vita: quella della scena e quella del pubblico. Altra soluzione non c’è: pulire il Teatro dalla gramigna non basta perché se il Teatro resterà chiuso la gramigna ricrescerà. Michelangelo Fetto, la Solot e tutti coloro che vorranno sporcarsi le mani per ripulire il Teatro devono avere questo obiettivo: ripulirlo per utilizzarlo e mettere così le istituzioni davanti alle loro responsabilità. La cura dell’animal laborans – la ripulitura dalle erbacce – è finalizzata alla vita activa – l’agire della politica e della cultura per custodire il Teatro.
Bisogna porsi il problema dell’amministrazione del Teatro. Il vecchio concetto della gestione da parte della soprintendenza o del comune va superato. Anzi, proprio il comune dovrebbe chiedersi se a Benevento e nel Sannio ci sono energie produttive e finanziarie interessate a un progetto di recupero del Teatro Romano che dia beneficio alla Città e all’impresa. Gli esempi a cui ispirarsi non mancano, ma prima di tutto bisogna chiarirsi bene le idee sul da farsi: solo l’utilizzo della scena e delle gradinate salverà il Teatro. Il nuovo assessore alla Cultura di Benevento, che spero possa lavorare presto, dovrà decidere cosa fare: affrontare il problema in chiave burocratica o considerarlo una grande questione civile quale realmente è. In fondo, pensateci un po’: non vi fa arrossire dalla vergogna l’idea di organizzare Città Spettacolo sapendo che la Città non sa usare il Teatro dell’imperatore Adriano?