(Il Fatto Quotidiano) – “Un sindaco in famiglia”, non è una nuova fiction di produzione italiana ma una sintesi verosimile di ciò che accade a Bonea, paese di millecinquecento abitanti in provincia di Benevento, famoso per la falanghina e per la villa di Cocceio, citata da Orazio nelle “Satire”. Nel 2001 qui viene eletto un sindaco di centrosinistra, Gennaro Paradiso, che da allora non ha mai più lasciato la carica, né sembra averne l’intenzione nonostante la scadenza dei due mandati quinquennali. Già nel 2006 Paradiso venne rieletto senza problemi: una sola lista a contendergli la carica di primo cittadino, capeggiata dalla moglie. La fascia tricolore è rimasta in casa Paradiso, visto che sarà Salvatore, il figlio di Gennaro (eletto come consigliere di maggioranza), il sindaco di Bonea. Una notizia che farà felice chi chiede con insistenza una maggior partecipazione dei giovani alla vita politica del paese: Salvatore ha solo 18 anni e frequenta l’ultimo anno di liceo, dove stamane ha festeggiato la vittoria offrendo pizze e aranciata ai compagni.
Il padre preferisce non vengano rivolte domande al giovane sindaco perché: “Mio figlio non deve essere neanche nominato, perché lui non dovrà fare nulla”. Di certo nell’epoca dei governi del fare o presunti tali un sindaco che non dovrà fare nulla non è il massimo come immagine, ma Paradiso senior spiega: “Quella di Salvatore è stata una candidatura simbolica, nata da un’idea dei miei collaboratori che intendevano portare avanti il lavoro fatto in questi dieci anni”. Della possibilità che il vincolo di due mandati per i sindaci sia stato creato proprio per evitare che il potere si concentri per troppo tempo nelle stesse mani l’ex primo cittadino proprio non vuole saperne: “Questo vale per i comuni più grandi, non certo per un piccolo centro come Bonea”.
Sconosciuta quindi la teoria dell’alternanza, perché secondo Paradiso, non si può immaginare il paese nelle mani di personaggi che “non hanno mai fatto politica”. Se per contrappunto gli si domanda da quanto tempo fa politica il figlio diciottenne, l’ex sindaco risponde schietto: “Ovviamente un ragazzo appena maggiorenne non può sapere nulla di cosa sia un Puc e probabilmente nemmeno di cosa sia una delibera, ma non è un problema, come ho detto lui non dovrà fare nulla, mi occuperò di tutto io”. Nessun attaccamento alla poltrona: papà la presta volentieri al figlio, il telecomando no però, per quello è ancora troppo piccolo.
di Cristiano Vella
da Il Fatto Quotidiano del 18 maggio 2001