di Gabriele Corona*
Il 5 dicembre scorso MANDI, il negozio di mobili e complementi di arredo della famiglia Zamparini, ha cessato l’ attività avviata nel Centro Commerciale di via dei Longobardi ad ottobre 2006.
Ventotto lavoratori sono stati licenziati ma nessuno, sindacati compresi, ha diffuso la notizia o l’ha commentata. Sono rimasti in colpevole silenzio soprattutto il sindaco, gli assessori, i consiglieri di maggioranza e minoranza, i sindacalisti, i politici di sinistra e di centro, autorevoli avvocati, i rappresentanti delle associazioni dei consumatori e l’ex stratega del Centro Sociale Depistaggio oggi portavoce di Fausto Pepe, che quattro anni fa fecero il diavolo a quattro per consentire a Maurizio Zamparini di aprire quel Centro Commerciale nonostante palesi illegittimità.
Quei pochi che invitarono inutilmente l’amministrazione comunale a non rilasciare l’autorizzazione all’apertura di quell’Ipermercato nel rispetto delle leggi per l’edilizia, l’urbanistica, la tutela del territorio e la distribuzione commerciale, furono accusati di essere nemici dello sviluppo: Salvatore De Toma fu cacciato dalla Giunta, Gianluca Serafini sfiduciato da Rifondazione Comunista, Sandra Sandrucci e Vincenzo Fioretti “espulsi dalla LIPU”, Altrabenevento fu isolata.
Tutti gli altri fecero a gara ad esaltare le qualità imprenditoriali di Zamparini sostenendo che quel centro commerciale avrebbe occupato 500 (cinquecento) addetti perché il punto vendita MANDI sarebbe stato in grado di attrarre i consumatori in un raggio di 50 (cinquanta) chilometri con grande beneficio per Ipercoop e i commercianti locali che si precipitarono a trasferire la loro attività nel nuovo Ipermercato.
Ora, dopo soli quattro anni, l’Ipercoop ha dimezzato la superficie di vendita riducendo la forza lavoro a poche decine di unità, MANDI ha chiuso completamente licendianto tutti, ma rimangono i commercianti locali che devono pagare a Zamparini il fitto e sobbarcarsi tutti i costi condominiali.
Il Comune, e quindi la città, avrebbe dovuto ricevere anche altri benefici, secondo gli accordi presi e rimasti solo sulla carta. Zamparini infatti, non ha ceduto il Parco Fluviale di 21.300 metri quadrati, non ha completato l’asse interquartiere nord-est con spesa a suo carico di un milione e 930 mila euro, non ha versato all’Ente ottocento mila euro per la eliminazione dei passaggi a livello su via Valfortore, non ha ceduto la strada tra l’Ipermercato e il parco fluviale costruita a scomputo di 524.000 euro per contributi concessori non versati, non ha pagato l’ultima rata degli oneri di urbanizzazione pari a 163.000 euro. Quindi il danno totale per la città, a parte le attività commerciali chiuse per la concorrenza iniziale del centro commerciale, i contratti che impongono ai commercanti ospiti de “I sanniti” di pagare il fitto a Zamparini e i lavoratori oggi disoccupati, è di oltre sei milioni di euro per opere e beni non acquisiti.
Chi si assume la responsabilità di questo disastro?
L’assessore all’Urbanistica che ha curato gli accordi con Zamparini è Aldo Damiano e la responsabilità politica per il controllo sulla gestione era sempre la sua, anche quando ha assunto la delega ai Lavori Pubblici, settore competente per la realizzazione delle strade e delle altre opere non fatte. L’incarico di assessore viene assegnato dal sindaco solo sulla base di un rapporto fiduciario e quindi, se Fausto Pepe ha dato a Damiano indicazioni chiare sul rispetto degli accordi con Zamparini e il suo assessore delegato non le ha eseguite, allora gli toglie l’incarico. Se invece l’attuale assessore ai Lavori Pubblici ha tenuto costantemente informato il sindaco dei rapporti con l’imprenditore friulano ed ha concordato l’atteggiamento da tenere di fronte agli impegni non mantenuti a danno della cittadinanza, allora Fausto Pepe gli conferma la fiducia e si assume direttamente tutte le responsabilità di questo disastro.
E questo indipendentemente dai provvedimenti della magistratura che fanno il loro corso.
* presidente di Altrabenevento