(Messaggio d’Oggi) – “La parola è libertà”, ha pronunciato all’interno del suo discorso la preside del Liceo Classico “Giannone”, Maria Felicita Crisci, che ha ospitato sabato la presentazione del secondo rapporto annuale di “Ossigeno per l’informazione”, riguardante i giornalisti minacciati e le notizie oscurate con la violenza. La parola è libertà perché ci permette di sfondare i muri del silenzio, gli argini imposti dalla convenienza, di manifestare il nostro dissenso o la nostra approvazione, di raccontare, di comunicare, di rendere noto l’ignoto, di far conoscere ciò che viene appositamente taciuto, di essere parte attiva di una società che sa e agisce di conseguenza, di non sottostare alle leggi del più forte. Ed è proprio questa grande importanza che la parola ha, che la fa diventare pericolosa quando va a scalfire certi muri troppo alti, quando inizia a toccare determinati organismi di potere. Nel 43 a.C. Cicerone, il grande scrittore e oratore romano, fu ucciso e la testa con cui aveva pensato le sue opere, e le mani, con cui le aveva scritte, furono esposte in senato, come monito per chiunque si opponesse al triumvirato. Questa fu la punizione che gli spettò per le accuse che aveva rivolto ad Antonio nelle Filippiche. Sono passati secoli, ma ancora oggi c’è chi viene punito per aver pensato e scritto contro qualcuno. È a chi subisce queste punizioni che il rapporto annuale Ossigeno dà voce.
Il direttore del progetto, Alberto Spampinato, ha raccontato la storia di suo fratello Giovanni, giornalista siciliano ucciso nel ’72, mentre indagava sull’uccisione di un imprenditore e portava avanti un’inchiesta sull’attività dei gruppi neofascisti in Sicilia. Giovanni è stato ucciso per aver pubblicato notizie che altri facevano finta di non conoscere, per aver svolto il mestiere di giornalista con l’etica necessaria, etica che il fratello Alberto ha messo in evidenza paragonando il giornalista a un vigile del fuoco. “Quando un vigile del fuoco -ha detto- vede un palazzo che sta bruciando, non può far finta di non vedere, girarsi dall’altra parte, così il giornalista, deve affrontare le fiamme anche se scottano”.
Essere giornalista vuol dire non aver paura di andare oltre, di osservare il mondo che ci circonda e raccontarlo davvero, di non fermarsi al “fatti i cazzi tuoi”, invito più volte rivolto ad Arnaldo Capezzuto per i suoi articoli in merito ad alcune situazioni del quartiere napoletano di Forcella. In particolare, gli articoli riguardavano l’uccisione della quattordicenne Annalisa Durante in una sparatoria tra camorristi, le finestre abusive costruite dal clan Giuliano proprio sul terrazzo di una scuola che sarebbe dovuta essere intitolata alla ragazza scomparsa, usate come vie di fuga in caso di blitz delle forze dell’ordine e i muretti che bloccavano la polizia e permettevano agli spacciatori di scappare. Ma le minacce si aggravano e destano maggiore indignazione se a rivolgerle non sono esponenti della criminalità, ma delle istituzioni. È questo il caso di Alessandro Migliaccio, giornalista e autore del libro “Paradossopoli”, schiaffeggiato dal capo dei vigili urbani di Napoli. Migliaccio ha raccontato anche della querela da parte del consorzio Unico, dopo aver notato un errore-truffa sui biglietti dell’autobus, e di quando, dopo un’inchiesta svolta per Le Iene a Poggioreale, su un prete che approfittava dell’esorcismo per praticare atti di pedofilia, trovò il parabrezza della sua auto rotto da una pietra. Anche lui ha ribadito l’importanza del rapporto tra etica e giornalismo, sottolineato da Spampinato: “Il giornalista è l’unico lavoro, se si può definire tale, che se non hai la passione, se non hai un ideale, non puoi fare”.
Testimonianza particolarmente rilevante è stata quella di Rosaria Capacchione, giornalista del Mattino che ha posto in risalto come la querela e la richiesta di risarcimento danni oggi rappresentino la più grande forma intimidatoria, soprattutto per i piccoli giornali. “I grandi giornali -ha detto- hanno un ufficio legale, i piccoli no. E non tanto la querela, quanto la richiesta di risarcimento danni, è troppo pesante da sostenere. Per chi la fa non costa niente, per chi la subisce costa lavoro, tempo, avvocati, soldi che non sai dove vanno a finire. E intanto devi smettere di trattare quell’argomento”. “Spesso, quando fai un’inchiesta, scrivi nomi che non sono oggetto d’indagine ma che non per questo sono innocenti o estranei ai fatti. Arrivano le querele, arrivano le richieste di risarcimento danni. Ti mandano a chiamare, devi dare spiegazioni, fare relazioni e allora succede che prima di scrivere un articolo ci pensi e quei nomi non li scrivi. Non è il caso mio, ma per molti è così. E questa è una forma d’intimidazione peggiore di quella del signor Iovine che mi ferma alla Feltrinelli” perché “perdi il lavoro, perché ti licenziano, perdi la casa, e quindi perdi anche la vita”.
Purtroppo è diventato ridicolo pensare che queste storie siano lontane dalla nostra città, che appartengano solo a determinate province, e l’esempio palese è quello del direttore, Danila De Lucia, che ha pubblicamente denunciato che da più di un anno è vittima di stalking. “Certo -ha detto la De Lucia- dalle nostre parti non abbiamo a che fare con le indagini di camorra, ma per subire un sopruso basta non “essere allineati” ai centri di potere , considerando che attualmente il rapporto tra politica e giornalismo è un rapporto ormai insano”.
Buttiamo via i paraocchi, guardiamoci intorno e cerchiamo il coraggio di raccontare, perché è il raccontare, il far conoscere che fa paura a un certo tipo di potere, alziamo la testa per non rimanere schiacciati, per non entrare a far parte di quel meccanismo che stritola i giornalisti e le persone oneste che combattono i soprusi e il marcio che c’è, quel meccanismo che rende il nostro un paese che ha ancora bisogno di eroi.
Citando Roberto Saviano, “Raccontare è resistere”, resistere agli abusi di potere, alla prepotenza, resistere per quella parte buona che ci fa sentire “fieri di essere beneventani, fieri di essere campani”. Resistere per la libertà, che è l’unico vero valore da difendere, la condizione necessaria perché un essere umano possa definirsi davvero tale, e come ha detto il vicepresidente dell’Ordine dei giornalisti della Campania “La libertà non è né di destra né di sinistra, la libertà è senza aggettivi”.
Giulia Tesauro