Fare cultura è mettere in discussione lo status quo. Con lo spirito di mettere in discussione finanche il fare cultura, Art’Empori ha accettato di partecipare alla sezione poetica curata da Nicola Sguera per Zona Franca.
Non proposte artistiche che, inseguendo un consolidato e numeroso pubblico, sono complici di un mondo omologato anche a causa di una fruizione verticistica, ma nuovi metodi di arte partecipata che incentivano nell’individuo un’attitudine all’autodeterminazione e alla cittadinanza non delegata.
In questi casi, come per gli eventi che, a cura di Art’Empori, si sono tenuti, lunedì, in piazza San Modesto, non è sufficiente informare la popolazione, come per un concerto, ma diventa necessario comunicare una nuova modalità, una nuova consapevolezza.
In questo, avremmo bisogno di tutto l’apporto delle istituzioni e delle testate giornalistiche.
In generale, l’assessore alla cultura Raffaele Del Vecchio, nel momento che ha deciso di promuovere un festival basato su musicisti indipendenti e, a maggior ragione, sulla poesia, sta aprendo uno spiraglio a un modo di fare cultura capace di cambiamento e di superare la spirale in cui si avvita la fruizione omologante dell’arte: se non riusciamo ad abbattere la soglia di verticismo nella fruizione artistica, come possiamo pretendere nel resto della vita sociale, dalla popolazione e, ancor di più, dai criminali, un agire meno competitivo ed escludente.
Ma avremmo anche bisogno di un giornalismo che, fotografo dello status quo, invece di concedere spazio alle iniziative in funzione della quantità di pubblico coinvolto, sia capace di incentivare nuove fruizioni nel pubblico dando visibilità alle attività che generano cambiamento nella comunità territoriale.
Il giornalismo deve prendere parte, partecipare al mondo in cambiamento, invece di usare i processi culturali come attività commerciali verticistiche: dare visibilità agli eventi che attirano maggiormente l’attenzione del lettore.
Le istituzioni e le associazioni culturali devono appunto dare spazio a quelle attività artistiche che, sebbene necessarie all’emancipazione di una comunità, non sono sostenute dal mercato e dalle abitudini consolidate nella cittadinanza.
Oggi, i giornali dovrebbero decidere da che parte stare: se essere un’azienda commerciale che insegue il lettore, restando complice del mondo, o se essere un operatore culturale che, portatore di cambiamento, partecipa alla credibilità di attività ancora non consolidate nella popolazione.
La Gazzetta di Benevento, presente all’evento dalle 16 alle 16.30, commentando il laboratorio dei Clow Dottori che si è realizzato, concretamente, dalle 17 alle 19, ha affermato che non c’era nessun pubblico e che la sezione di poesia del festival Zona Franca “non funziona”.
Questa disinformazione, che si veicola, apre il dibattito sugli inviati delle testate giornalistiche che, come burocrati, appaiono all’inizio di un evento, intervistano e riprendono quello che avviene al momento, ma di tutto quello che avviene nel durante nessuno ne sarà informato.
Bisogna mettere in discussione questo metodo: se i gionalisti non sono motivati, incuriositi in prima persona dalle attività che commentano, questi non sono operatori culturali ma mercenari che trattano, senza possederne gli strumenti, di politica, come di poesia, di rifiuti, di disagio, di criminalità: cosa avranno da scrivere sui loro giornali, se sullo specifico argomento ne sanno meno dei loro lettori?
Il giornalismo necessita di un codice deontologico che obblighi a utilizzare giornalisti dotati di passione e competenza per la specifica disciplina che vanno a trattare.
Inoltre, se non possiedono un organico che permetta di seguire complessivamente l’evento che si va a commentare, bisognerebbe che i giornali, in base a delle affinità, si consorzino dividendosi gli eventi da seguire e scambiandosi gli articoli.
Fare cultura è soprattutto una missione, non solo un lavoro per campare. Comunque, se un giornalista non ha tempo di vagliare la riuscita di una manifestazione, si astenga dal fare affermazioni drastiche. In particolar modo, nei confronti dei volontari che partecipano alla manifestazione a titolo gratuito: l’evento era organizzato dai Clown Dottori, in un luogo disagiato della città (piazza San Modesto), in collaborazione con il centro per disabili “E’ più bello insieme” e coordinato dall’associazione Art’Empori.
Pietronigro ha sparato sulla Croce Rossa.
Per la cronaca, il laboratorio dei Clown Dottori ha coinvolto una ventina di persone, in buona parte disabili; al Pulp.it, nodo di libero intervento civico e poetico che è seguito, erano presenti circa 30 persone, alla lettura drammatizzata con videoproiezione de “Il mondo salvato dai ragazzini”, sono stati contati 60 spettatori.
Come afferma Pietronigro, la manifestazione musicale di Zona Franca funziona, ma non quella di poesia.
A Pietronigro sfugge che i musicisti raccolgono pubblico e infatti sono pagati, sono parte di un meccanismo consolidato che intreccia mercato e arte (anche se qui in maniera contenuta, visto che si tratta di musica indipendente). Al contrario, chi partecipa, come organizzatore o come ospite, della sezione di poesia, lo fa a titolo di volontariato, di impegno sociale, producendo una cultura che è fuori dall’ingranaggio mercato/arte. Non a caso non richiamano un grande pubblico.
L’attacco gratuito della Gazzetta di Benevento a “Poesia in forma di rosa”, sezione di poesia di Zona Franca, un giorno, avrà il sapore di una medaglia, di una ferita di guerra, quella con cui Raffale Del Vecchio, Pasquale Palmieri, Ernesto Razzano, Nicola Sguera, Emilio Fabozzi, usando le parole di Art’Empori, stanno facendo una cultura capace non solo di emozione, ma anche di azione, di cambiamento, nonostante le resistenze di un mondo, anche intellettuale, che non vuole emanciparsi.
Pietronigro, se vuole indagare su come l’assessore utilizza i fondi, lo faccia in modo diretto, senza sparare sui volontari.
Se qualcuno aveva dubitato sulla scelta di Art’Empori di partecipare a una manifestazione promossa da un ente territoriale, oggi, grazie alla Gazzetta di Benevento, Art’Empori ha la certezza di essere coerente.
Alessio Masone
Art’Empori, comunità dell’arte biodiversa