di Billy Nuzzolillo
Giudice Nuzzi, il 30 settembre dello scorso anno lei coraggiosamente denunciava dalle pagine del Fatto Quotidiano l’esistenza di “una falla nel sistema, l’inaspettato logorìo dei meccanismi di controllo. Meccanismi perversi, criminosi, grazie ai quali gruppi di potere trasversale hanno usurpato posti strategici all’interno delle istituzioni del Paese, generando un tentacolare sovra-apparato che ne plagia il funzionamento democratico per asservirlo al culto del dominio personale e del profitto”.
Le sue parole furono, però, accompagnate da un assordante silenzio. La “stampa di regime” si adeguò ai diktat dell’oscuramento, della mistificazione, dell’omertà e dell’emarginazione. Fu “più facile e conveniente espellere i virus e ridurli in quarantena”, come lei stessa coraggiosamente denunciò in quell’intervento.
A distanza di un anno, l’inchiesta sulla P3 le ha dato ragione, svelando i meccanismi di funzionamento del “tentacolare sovra-apparato che plagia il funzionamento democratico per asservirlo al culto del dominio personale e del profitto”. Ma, soprattutto, ha dimostrato che erano riconducibili a quel sovra-apparato i principali protagonisti di una delle più oscure pagine della storia della magistratura del nostro paese, e cioè quello relativo alla sua “cacciata” dalla procura di Salerno da parte del Csm, unitamente a quella del procuratore Luigi Apicella e del suo collega Dionigio Verasani. Quella che, in vero, lei giustamente definisce “la Grande Bugia della guerra tra le procure di Salerno e Catanzaro, creata ad arte per sottrarre a me e ai colleghi salernitani le inchieste sugli uffici giudiziari calabresi e privarci delle funzioni inquirenti”.
Lei, con garbo e stile, ha ricordato ieri, sempre sulle pagine del Fatto Quotidiano, che “alcuni di coloro che hanno concorso alla nostra epurazione pare avessero incontri con presunti appartenenti ad un’associazione segreta”. Ed ha poi confessato che “non è stato facile resistere a tanta violenza morale. Una violenza frutto di arbitrio, che ha indecentemente calpestato ogni regola, senza arretrare neppure di fronte al riconoscimento giurisdizionale della legalità e necessità dei nostri comportamenti. La delegittimazione, l’isolamento, l’eliminazione sono metodi di distruzione mafio-massonici. E noi abbiamo pagato per aver osato far luce sulla massoneria politico-giudiziaria. Da allora, pazientemente, ho atteso che a parlare fossero i fatti. E i fatti, nel tempo, come tasselli di un incomprensibile puzzle, si stanno lentamente ricomponendo”.
Ha, inoltre, concluso il suo intervento affermando che “con il ripristino del primato del Diritto e il ripudio definitivo delle logiche di appartenenza e protezionismo… l’Ordine giudiziario può sperare in un autentico rinnovamento morale, nell’interesse supremo del popolo e della democrazia”.
Purtroppo, come ha ricordato nei giorni scorsi il suo ex collega Luigi De Magistris, sempre sul Fatto Quotidiano, “il Csm uscente è stato uno dei peggiori della nostra storia repubblicana, quello che ha impedito a magistrati onesti e scomodi di indagare sulle deviazioni del potere”.
Al posto del “pessimo Mancino, l’uomo delle tante ombre”, però, è stato designato Vietti, “già modesto esponente di un precedente Csm, espressione della partitocrazia, tra i promotori della legge sulla depenalizzazione del falso in bilancio e del legittimo impedimento”. E accanto a lui siederanno “l’avvocato di Berslusconi, l’avvocato di Bossi, quello di D’Alema e uno stretto collaboratore del ministro della Giustizia Alfano”.
Nonostante ciò, come giustamente ha sottolineato De Magistris, il presidente della Repubblica, “nel saluto di commiato all’uscente Csm e a Mancino, con il quale ne ha condiviso la guida, afferma che i nuovi membri laici non sono espressione di gruppi politici”. Lo stesso presidente Napolitano che, come ha più volte ricordato Marco Travaglio, “denunciò vibratamente la bufala dello stallo dell’inchiesta “Why Not”, clamorosamente smentita poi dal gip di Perugia Massimo Ricciarelli nel provvedimento con cui il 9 settembre dello scorso anno, nel silenzio tombale di stampa e tv, archiviò il procedimento aperto dalla Procura generale di Catanzaro” nei suoi confronti, oltre che nei confronti del procuratore Luigi Apicella, del sostituto procuratore Dionigio Verasani e dell’ex pm Luigi De Magistris.
E, soprattutto, lo stesso presidente della Repubblica che, assieme a Csm e Anm, politici di destra e di sinistra, avallò la tesi, totalmente infondata e fasulla, della cosiddetta “guerra fra Procura”. Quella che lei oggi giustamente definisce la “Grande Bugia”.
Queste vicende non inducono certamente all’ottimismo. La parte sana di questo Paese ha, però, un dovere morale: quello di ringraziare le persone che, come lei, come il procuratore Apicella, come i giudici De Magistris e Verasani, come gli amici Gioacchino Genchi e Carlo Vulpio, hanno pagato un prezzo altissimo per il sol fatto di aver svolto il proprio lavoro con dignità e onestà, senza condizionamenti o calcoli utilitaristici.