di Gabriele Corona*
E’ stato inaugurato ieri il Parco Urbano di Cellarulo e subito la maggioranza e l’opposizione al Comune di Benevento si contendono il merito del progetto e dell’opera realizzata. E’ il caso di ricordare, però, che quel parco è nato innanzitutto per la decisa iniziativa del Comitato “Giu le mani” che nel 1991 si adoperò per salvare l’area archeologica alla confluenza dei fiumi Calore e Sabato dove l’Amministrazione comunale dell’epoca, guidata dal sindaco Antonio Pietrantonio, voleva realizzare a tutti i costi un asse interquartiere tra il Rione libertà e il Rione Ferrovia nonostante la Fondazione Lerici, con appositi carotaggi, avesse già accertato la presenza di importanti reperti. Ed infatti, durante i lavori furono rivenuti un villaggio dell’artigianato prima sannita e poi romano, per la lavorazione di ceramiche e tegole con fornaci risalenti al IV secolo avanti Cristo; le mura di difesa del primo nucleo urbano in grandi blocchi di tufo; un tratto lastricato della via Latina vicino al Pons Maior; una tomba con i resti di un guerriero sannita; una bottega per la lavorazione della pietra e poi monete e oggetti di grande interesse artistico.
A denunciare l’importanza dei reperti fu il professore Gianni Dell’Aquila, appassionato e divulgatore di storia locale subito sostenuto dall’avv. Ciccio Romano, ideatore e fondatore del Comitato “Giù le mani” al quale aderirono tra gli altri Vincenzo Fioretti, Enzo Gravina, Antonio Bruno Romano, Franco Bove, Nando Paribello, Paola Caruso, Giuseppe Lamparelli, Marcello Stefanucci, Carmine Cantelmo, Marino Raffio ed io. Da settembre del 1991, per oltre un anno, le iniziative di “Giù le mani” contro il Comune e la Soprintendenza Archeologica che volevano continuare i lavori della strada con la distruzione completa dei reperti ritrovati, furono incessanti e tutte sostenute dai 9.880 cittadini che firmarono una petizione consegnata al Presidente del Consiglio in carica, Giulio Andreotti in visita a Benevento.
A stabilire che quell’area doveva essere salvata a tutti i costi fu un gruppo di autorevoli esperti del Settore Archeologia presso il Ministero dei Beni Culturali, riunito nel 1992 su ricorso di “Giù le mani”. Subito dopo Massimo Maietta, elaborò il primo progetto di Parco Verde, Archeologico e Fluviale di Contrada Cellarulo che presentò come tesi per la sua Laurea in architettura. Anche le scuole si mobilitarono e il Liceo Scientifico diede alle stampe una pubblicazione che contribuì fortemente a divulgare la conoscenza sulla importanza dei reperti rinvenuti. Ma neppure questo servì a scongiurare definitivamente il pericolo di distruzione dell’area archeologica che si ripresentò nel 1996 quando l’amministrazione Viespoli, preoccupata per la paventata restituzione dei finanziamenti ricevuti dal Comune per la costruzione della strada, pensò di completare l’opera con una “variante turistica”. Anche allora si mobilitarono diverse associazioni e il progetto fu modificato nel corso degli anni fino alla definizione del Parco attuale, ancora poco “archeologico” se si pensa che non è stata ancora scavata la vasta area lungo il crinale della collina dove si nascondono importanti reperti fino ad una profondità di circa 4 metri.
Sulle caratteristiche dei lavori effettuati ritorneremo prossimamente. Per ora mi premeva ricordare la esperienza di “Giù le mani” per segnalare che quando i cittadini si mobilitano con decisione per difendere un interesse pubblico, riescono spesso ad ottenere risultati concreti anche in contrapposizione alle amministrazioni e alla stragrande maggioranza dei politici che sostengono interessi particolari.
*presidente di Altrabenevento