Oggi Sanniopress, al pari di tantissimi siti web e sia pure con molte perplessità, ha aderito alla giornata di silenzio voluta dalla Fnsi per protestare contro la legge bavaglio e, contestualmente, per rivendicare il diritto dei giornalisti di informare liberamente l’opinione pubblica.
Siamo, però, costretti a rompere la nostra (peraltro isolata) protesta per commentare la drammatica notizia dell’arresto del collega Gianlugi Guarino, operata stamani dei carabinieri della compagnia di Cerreto Sannita in esecuzione dell’ordine di carcerazione per determinazione di pene concorrenti emesso dalla Procura della Repubblica del Tribunale di Salerno, territorialmente competente per il reato di diffamazione in quanto il giornale attraverso cui si è “consumata” la diffamazione veniva stampato in provincia di Salerno.
In base a quanto riferito dalle fonti ufficiali, il provvedimento restrittivo, per l’espiazione residua di 3 anni e 1 mese di reclusione, è scaturito dal cumulo di pene concorrenti a seguito di alcune sentenze emesse dal Tribunale di Salerno per reati di diffamazione a mezzo stampa, commessi dall’anno 2002 al 2005, in qualità di direttore del quotidiano “Corriere di Caserta”, dallo stesso Guarino, che è ora detenuto presso la casa circondariale di a Benevento.
Il suo legale, l’avvocato Raffaele Gaetano Crisileo, che non lo ha seguito per i processi che oggi hanno fatto scattare l’arresto in carcere, si è detto perplesso per il provvedimento legato a maturazioni di condanne il cui percorso giudiziario era sfuggito allo stesso Guarino, che attualmente dirigeva il quotidiano online “Casertace” (www.casertace.net).
Insomma, al momento sembra che la parte rilevante o esclusiva (ancora non è chiaro) dell’arresto del collega Gianluigi, sia da ricondurre all’omesso controllo degli articoli pubblicati dal giornale di cui era direttore all’epoca in cui sono stati commessi i reati di diffamazione a mezzo stampa.
Secondo l’art. 57 del codice penale, infatti, “salva la responsabilità dell’autore della pubblicazione e fuori dei casi di concorso, il direttore o il vicedirettore responsabile, il quale omette di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che col mezzo della pubblicazione siano commessi reati, è punito, a titolo di colpa, se un reato è commesso, con la pena stabilita per tale reato, diminuita in misura non eccedente un terzo”.
La responsabilità discende, quindi, dall’omissione del controllo necessario ad impedire la commissione di reati attraverso la pubblicazione. Va, inoltre, ricordato che anche la pubblicazione di un articolo senza nome comporta l’attribuzione dello stesso alla redazione, cioè al direttore.
Insomma, Gianluigi Guarino è da stamani recluso a Capodimonte per aver anche o soltanto omesso il controllo su uno dei cinquanta/sessanta articoli (o notizie in breve) al giorno che all’epoca sfornava il “Corriere di Caserta”. Un giornale che, è bene ricordarlo, arrivò persino a titolare “Don Peppe Diana era un camorrista” e il cui editore, Pasquale Clemente (da cui Guarino prese polemicamente le distanze dimettendosi), fu arrestato perché accusato di aver preso soldi per contratti pubblicitari estorti minacciando la pubblicazione di articoli riguardanti le vicende giudiziarie di chi poi lo denunciò.
Al di là dei necessari approfondimenti che il drammatico caso richiede, resta il dato che un giornalista è in carcere per aver commesso un reato a mezzo stampa. L’unico precedente che ricordiamo è quello di Lino Jannuzzi, condannato in via definitiva a due anni, cinque mesi e dieci giorni di reclusione per diffamazione a mezzo stampa per degli articoli pubblicati su “Il Giornale di Napoli” negli anni ottanta e novanta. Di fronte alla prospettiva che un Senatore della Repubblica venisse recluso per un reato di opinione, il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi firmò un provvedimento di grazia.
A Gianluigi Guarino è, invece, toccata la sorte di varcare la soglia del carcere proprio nel giorno di silenzio messo in atto dai giornalisti per protestare contro il disegno di legge Alfano, che limita pesantemente la libertà di stampa e prevede pesanti sanzioni contro editori e giornalisti che danno conto di fatti di cronaca giudiziaria ed indagini investigative.
Un giorno doppiamente amaro e triste per il giornalismo. Al di là del giudizio che ognuno di noi ha sul modo in cui bisogna fare ed interpretare la professione.
Voglio ricordare che un altro giornalista effettivamente finito in carcere, verso la metà degli anni cinquanta, è Giovanni Guareschi, il creatore di don Camillo e Peppone. Guareschi era stato querelato da Alcide De Gasperi (allora Pres. del consiglio dei ministri) per aver pubblicato due lettere (da Guareschi attribuite a De Gasperi), in cui si propugnava il bombardamento di Roma da parte degli Alleati durante la II guerra mondiale. Guareschi commentava duramente quelle lettere sul proprio giornale Candido, ma De Gasperi negava di averle scritte e le diceva false. Il tribunale, concludendo per la falsità delle lettere, lo condannò a 12 mesi e Guareschi non fece appello. Perse in tal modo il beneficio della condizionale [era stato in precedenza condannato in appello a 8 mesi di carcere con la condizionale per aver offeso l’onore del Presidente della Repubblica Luigi Einaudi con una serie di vignette e scritti in cui satireggiava il fatto che il Presidente della Repubblica facesse scrivere sulle bottiglie di vino Nebiolo prodotte dalla sua azienda vinicola la dicitura “Poderi del senatore Luigi Einaudi in Dogliani (Piemonte)”] e scontò in carcere 405 giorni, prima di essere rimesso in libertà vigilata per buona condotta.
Massimo Simeone -Benevento
grazie Massimo per averci ricordato il caso di Guareschi