La limitazione all’utilizzo delle intercettazioni, voluta dal governo, a prima vista, ci appare a danno della popolazione. Riflettendo, con un ridotto utilizzo delle intercettazioni, gli italiani, per avere idea di chi colpevolizzare della mala gestione dei beni comuni, non potranno più affidarsi ai singoli casi d’impulso della magistratura.
La popolazione, non potendo intraprendere una caccia alle streghe, a carico di singole persone, dovrà mettere in discussione complessivamente il sistema.
In mancanza di singoli nomi da colpevolizzare, la popolazione non potrà più delegare, ai mass media e alla magistratura, l’individuazione degli obiettivi su cui dirigere il proprio sentimento di rabbia: la popolazione, obbligata a sospettare di chiunque faccia parte del sistema, dovrà imparare a esercitare, in prima persona, il dissenso al sistema di cui è parte e, quindi, anche a mettere in discussione sé stessa.
Cosa risolve il “linciare” un certo Scialoia (o Scagliola o Scarola) che, nel suo ruolo di esponente politico, potrebbe essere reo di concussione, se il sistema politico, nel suo insieme, è collassato?
Ogni volta che fallisce un sistema, questo, per non mettersi in discussione, promuove nella popolazione una morbosa ricerca del capro espiatorio, dell’untore, della strega da colpevolizzare.
La sopravvivenza di ogni sistema complesso pretende le sue vittime: la biologia si fa strada grazie alla malattia e alla morte che aggrediscono gli esemplari più deboli. Il sacrificare alcuni membri del sistema realizza una selezione naturale utile a fortificare quel sistema.
Il “mercato del lavoro criminale”, secondo gli studiosi, è un sistema in cui ogni individuo che viene espulso, per volontà della magistratura o per cause naturali, produce un’opportunità per altri individui, più giovani e più evoluti, che premono per entrare in quel mercato di lavoro.
La stessa “Tangentopoli” è una dimostrazione di questa regola: ha prodotto un terremoto a danno di singole e sfortunate persone, ma il sistema ne è risultato rinvigorito da nuove forze, ancora più prestanti nel settore della corruzione e della concussione.
La società civile, quando viene individuato l’autore di un reato, non avrebbe niente da gongolarsi. Ogni volta che viene all’evidenza che un membro della popolazione, quindi, uno di noi, ha commesso un reato, di fatto, viene alla ribalta un nostro insuccesso perché quell’evenienza è sintomo che il sistema di cui siamo parte e, quindi, coautori, ha fallito: invece di gioire, dovremmo metterci in discussione, nel nostro interfacciarci con l’altro e nei nostri stili di vita.
Io credo che se davvero la legge sulle intercettazioni, che si sta per approvare, allontanerà la cittadinanza dalla conoscenza dei fatti, la gente più che ribellarsi o mettersi in discussione come popolo e sistema di cui fa parte tenderà invece a richiudersi a guscio, ignorando anche quello che fino a un attimo prima gli era concesso di sapere, atrofizzandosi ulteriormente e rifiutando di sapere come vanno veramente le cose. La democrazia e la libertà sono state sempre appese a un filo nel corso della storia. Se si taglia o indebolisce il filo, non ci sono doppie soluzioni, ma una sola: la democrazia e la libertà cadono a picco. Punto. Tutto il resto sono possibili ma improbabili prospettive, con cui per il momento possiamo condirci le magre speranze che le cose migliorino. Ma già a un passo dal domani pure queste speranze rischiano di esserci tolte.