di Giancristiano Desiderio
Una volta Marx, che aveva già capito come sarebbe andata a finire, disse: “Non sono mai stato marxista”. La stessa cosa, fatte le dovute proporzioni, potrebbe dire Roberto Saviano: “Non sono mai stato savianista”. Conviene distinguere, infatti, tra Saviano e il savianismo. Il primo è l’autore di successo e di impegno civile che conosciamo. Il secondo un prodotto indigesto della società di massa e comunicazione. Non c’è dubbio: Gomorra ha grandi meriti. Ma il fanatismo nato intorno a Gomorra non fa bene a nessuno. La critica sociologica e letteraria di Gomorra può essere vista, in fondo, con questa valenza: come salvare Saviano dal savianismo? Infatti, i savianisti sono coloro che credono che la lotta alla camorra e al crimine organizzato passi solo ed esclusivamente attraverso Gomorra e la denuncia letteraria. E’ nato così un fenomeno della “estetizzazione della lotta alla camorra”. Un fenomeno pericoloso perché ha un effetto opposto rispetto a quello che vorrebbe avere. Raffaele Cantone, magistrato e autore del libro Solo per giustizia, lo sa bene. “Roberto Saviano ha grandi meriti”, ha detto una volta presentando proprio il suo libro, “ma a volte c’è il rischio di credere che si combatta la camorra mettendo Gomorra sul comodino”.
Quanto ha contribuito lo stesso Saviano a creare il fanatismo che c’è intorno a lui? In Saviano c’è la tendenza a dividere il mondo in buoni e cattivi. Non solo in fatti di camorra. Un esempio. Per definire il proprio lavoro letterario Saviano ama ripetere una frase dello scrittore Celine sulla letteratura: “Chiesero al vecchio Celine: quanti modi ci sono di fare letteratura? Rispose: Ce ne sono solo due: fare letteratura e costruire spilli per inculare le mosche. Io – dice Saviano – non inculo le mosche”. La frase fa un certo effetto, soprattutto se pronunciata nella trasmissione di Fabio Fazio che è il campione del buone intenzioni e del politicamente supercorretto. Ma chi la ascolta è portato a identificare la letteratura buona con Gomorra e la letteratura cattiva con tutto ciò che non è Gomorra. Tuttavia, è evidente che la estremizzazione dell’autore di Viaggio al termine della notte sta bene sulle sue labbra e nel contesto della sua opera, ma non è per nulla un buon criterio per demarcare ciò che è letteratura e ciò che è “spillo” altrimenti nella seconda “categoria” ricadrebbero i tre quarti della letteratura antica e moderna.
Bisogna pur riconoscere, però, che gran parte del fanatismo che c’è intorno a Saviano e Gomorra non è attribuibile a Saviano. E a chi, allora? Al cosiddetto mondo dei mass-media: giornali, radio, televisione, cinema, web, pubblicità. Oggi il giornalismo è visto come “comunicazione” e si ritiene che la sua funzione sia tanto più democratica quanto più “comunica”. Ma è solo una parvenza di democrazia, tanto che chi non si ritrova nella comunicazione giusta è “scomunicato”. Qui il “caso Saviano” è esemplare: il giornalismo (o il pamphlet di Alessandro Dal Lago) è accusato di essere contro Saviano proprio quando con Saviano esercita la critica e la conoscenza invece di fare “spilli per inculare le mosche”.
(Pubblicato nell’edizione odierna del Corriere del Mezzogiorno)