Mi gusto una fragola, una dolce primizia appena uscita dalla busta del fruttivendolo sotto casa. Negozio di fiducia, nel cuore della mia città, a pochi minuti dai luoghi che più frequento quotidianamente. Mi gusto una rozza fragola, un po’ ammaccata per via del tempo meteorologico che non è ancora da primavera piena. Ma non ho nulla da temere, niente per cui, in questo momento, essere frastornato, o preoccupato, o allarmato. E’ una semplice fragola, una come tante, acquistata al prezzo di mercato delle primizie di inizio maggio, in questo 2010 in cui barcolliamo ancora con i vestiti a brandelli, dentro la crisi economica. Mangio e non penso: non penso alle mani che hanno sudato per raccogliere questo frutto, nè alle paghe in nero che hanno restituito solo una minima parte degli sforzi e dei sacrifici fatti, uomo dopo uomo, famiglia dopo famiglia, schiavitù dopo schiavitù. Mangio e sono sereno, perchè sono di quelle persone che ancora credono che, in fondo, una società civile e democratica come quella italiana permetta alla classe media ed alla maggioranza delle persone di tenere la propria vita sotto controllo, di gestire appunto democraticamente e civilmente quello che ci circonda e che affrontiamo ogni giorno.
Poi accendo il computer e leggo le ultime notizie sul motore di ricerca. Inizia ad andarmi di traverso la fragola appena gustata con tanta tranquillità d’animo. “Camorra: monopolio su ortofrutta, arresti – I clan camorristici imponevano il loro monopolio a commercianti ortofrutticoli e autotrasportatori in tutto Centro-Sud: oltre 70 arresti. Un’operazione della Dia di Napoli e della squadra mobile di Caserta ha portato anche a perquisizioni e sequestri contro esponenti dei clan dei Casalesi e Mallardo che agivano in alleanza con le famiglie mafiose dei Santapaola-Ercolano. I capi delle organizzazioni si riunivano in un’azienda di trasporti del Casertano per decidere strategie e alleanze” (ANSA). “Secondo l’inchiesta coordinata dalla Procura distrettuale antimafia di Napoli, l’asse tra Casalesi e la famiglia mafiosa, un tempo capeggiata da Nitto Santapaola, imponeva ai commercianti e agli autotrasportatori di prodotti ortofrutticoli proprie ditte di trasporti tra il Lazio, la Campania e la Sicilia. Una delle aziende monopoliste era catanese, gestita dagli Ercolano” (Repubblica).
Sgrano gli occhi ed inizio a comprendere. Clan e cosche, gruppi criminali ormai sempre più affaristici e meno “di fuoco” hanno gestito per anni il mercato ortofrutticolo nazionale, generando un aumento dei prezzi al dettaglio di frutta e verdura che secondo la Coldiretti ha toccato il 200 per cento. Il Ministro dell’Interno Maroni ha parlato chiaramente di un collegamento scovato dalle indagini tra la camorra casalese e la mafia siciliana. Un’alleanza d’affari, che fa dire al Procuratore Nazionale Antimafia Pietro Grasso che siamo di fronte ad un “federalismo mafioso”. Un meccanismo perverso, ma geniale nel suo funzionamento, che ha portato la criminalità organizzata al vertice non solo più dei traffici illeciti internazionali e delle reti di appalti truccati di tutta Italia, ma anche alla gestione perversa di uno dei settori del mercato più vitali per l’economia nazionale e locale.
Tutto parte da lì, dalla terra e dai suoi frutti. Le mafie nei decenni si sono impossessate di territori vastissimi, immensi, gestendoli come hanno sempre desiderato. Poi ci hanno messo sopra a lavorare i propri schiavi, costringendo famiglie e famiglie alla fame di benessere e di libertà. E poi da lì anche tutti i prodotti della natura sono stati contaminati, da una gestione per scopi criminali dove non da un vero e proprio inquinamento viscerale dei territori e delle risorse. Alla fine di ogni passaggio di questa orrenda catena economico-sociale, c’è la costrizione indirettamente calata sulle nostre teste, sull’agire quotidiano di ognuno di noi, sulla vita di milioni di persone. Fino a questo punto si è ingrossato il ventre stracolmo delle mafie, oggi fortunatamente ed orgogliosamente arrestate ed ostacolate da un’operazione di forze dell’ordine e magistratura che segnerà il tempo, con un prima ed un dopo da ricordare.
Non sono più tanto sereno e tranquillo. Qualcosa mi si insinua nella mente: una nuova convinzione, che la nostra bella società civile e democratica è troppo spesso marcia come la peggiore frutta inquinata delle terre contaminate dai rifiuti. Sì, quella piaga dei rifiuti che rappresenta l’alternativa possibile ai traffici di ortofrutta controllati dalle mafie. Una situazione paradossale. Inizio a credere che forse nemmeno più il mio fruttivendolo sotto casa mi vende prodotti scelti da me, provenienti dalla migliore terra del Sud e dell’Italia. Anche quella frutta, anche quei prodotti “dietro casa”, nascono dalla volontà di ricchezza della criminalità organizzata, che per decenni ha deciso ogni cosa nella nostra vita quotidiana di cittadini inconsapevoli.
Preso dallo sconforto, getto via le fragole. Guardo verso l’orizzonte sereno, e mi sembra che persino il sole sia stato comprato come merce di scambio di un mercato a cielo aperto: la compravendita delle nostre vite.
FONTE: CAFFE’ NEWS