di Peppe Porcaro
“Non ci si arrende solo rispetto all’idea di inseguire il mito dello sviluppo,
ci si arrende all’idea di essere qualcosa o qualcuno.
Per uscire dall’autismo corale ci vogliono posture nuove.
È tempo di tornare a una fisiologia meno velleitaria,
a un quieto vagabondare nel mondo che gira,
nell’aria che non sta mai ferma,
nella polvere in cui luccichiamo ad occhi aperti
insieme al sole e alle stelle”.
Franco Arminio è poeta minore, perché minore è la terra nella quale si trova a vagabondare. Egli vaga, con il suo incedere lento, per paesi abbandonati. Non sono però paesi fantasmi quelli visitati da Arminio, ma paesi ripudiati. Paesi a orfanità ribaltata. Borghi del grano e del vento, orfani della loro migliore gioventù.
Sono i paesi dell’osso quelli visitati da Arminio, perché la polpa è altrove. La polpa per trovarla bisogna andare giù giù fino al mare. Per la polpa tocca intraprendere il viaggio. Senza voltarsi. Senza rimorsi.
E pure il vento, ruffiano, che qui soffia forte e indisturbato e qualche succo, così si sperava, pure poteva lasciare, sembra aver fretta di raggiungere quei paesi della polpa.
Corre forte verso il mare il vento, verso le città costiere, là dove qualcuno, nottetempo, ha nascosto i forzieri di Eolo. Vento ingrato che prende e porta via…
“A luglio i campi gialli delle stoppie,
il nero a settembre,
il verde stempiato e basso di novembre.
L’inverno a marzo finisce la prima volta
ma dovrà finire molte volte ancora
prima di finire veramente.
Il vento soffia ovunque sei,
il bianco della neve è ancora quello
del Cinquantasei”.
E’ un paesologo Franco Arminio, perché come un pigro entomologo studia i paesi nel loro divenire (” 25 anni dopo il terremoto, dei morti sarà rimasto poco. Dei vivi ancora meno”), amorevolmente segue le loro pigri trasformazioni. Si interroga sul mutare del lessico paesano, sull’alfabeto dimenticato di una civiltà che ha perso, tra le altre, la A di asino, la C di contadino, la M di mulo, la Z di zappa. Ma conserva, somma sventura, la G di geometra, la P di pro loco, la S di sindaco…