di Giancristiano Desiderio
La vera differenza tra Nord e Sud risiede nell’economia privata e nella società civile: nelle regioni settentrionali c’è una produzione di lavoro e di reddito in una quantità almeno sufficiente da permettere la relativa autonomia della società rispetto alla politica e alla gestione degli enti locali; viceversa, nelle regioni meridionali, causa la scarsa produzione di lavoro e reddito non c’è autonomia della società rispetto alla politica. Risultato? I cittadini e gli elettori guardano alla politica – Stato, Regione, Comune – come a un deus ex machina e la politica, pur essendo in concreto impotente, diventa potente oltre la sua giusta misura creando quasi sempre quegli abusi di potere (hybris) che non aiutano a ridurre la differenza tra Nord e Sud ma la alimentano e allargano. Che fare? La domanda è da girare direttamente ai candidati Stefano Caldoro ed Enzo De Luca.
Il candidato del centrodestra si è già segnalato per alcune promesse. Dice che ridurrà le tasse, darà il benservito ai dirigenti sanitari nominati dai politici, si impegnerà a far nascere un Politecnico della Campania. Le dichiarazioni della campagna elettorale lasciano il tempo che trovano se insieme ai fini non indicano anche i mezzi con cui realizzarli. Giustamente Fabio Ciaramelli ha criticato questo malcostume politico richiamando la battuta con cui il generale De Gaulle liquidò un suo sostenitore che lo invitava a “togliere di mezzo i cretini”: “E’ un programma troppo vasto”.
Il candidato del centrosinistra, impegnato ancora a farsi accettare dai partiti che lo dovranno sostenere, non ha ancora detto cosa vuole fare, ma conoscendo il sindaco di Salerno, accostato da Piero Craveri al mitico sindaco di Bologna Giuseppe Dozza, siamo certi che non tarderà a illustrare i suoi obiettivi. Se poi questi saranno anche corredati dai mezzi con cui realizzarli è un altro paio di maniche. Eppure, se vogliono essere credibili e utili, soprattutto per almeno tentare di ridurre e non aumentare la differenza sia economica sia politica tra Nord e Sud, è proprio questo il problema dei due candidati: con quali mezzi faranno ciò che dicono di voler fare?
La prossima legislatura regionale sarà decisiva. Sulla base del Titolo V della Costituzione, la regione – come ha ricordato Isaia Sales (Corriere del Mezzogiorno 8 gennaio) – non sarà più un ente locale ma si trasformerà in una Regione-Stato di oltre sei milioni di abitanti. La Regione-Stato della Campania avrà un suo governo che avrà, rispetto ad oggi, ancora una maggiore autorità impositiva e chi sarà chiamato a ricoprire la carica del “capo del governo dello stato regionale” dovrà mostrare autorevolezza sia “interna” sia “esterna” ossia tanto nei riguardi dei cittadini campani tanto nei confronti delle altre Regioni-Stato, con le quali si sarà in competizione, ma anche nei confronti dello stesso “potere romano”. Dal momento che i debiti non saranno coperti dallo Stato, è evidente che questa autorevolezza non potrà essere il frutto della solita politica clientelare che è causa della diversa geopolitica meridionale, ma dovrà nascere per forza di cose da una diversa concezione ideale della politica e dello Stato-Regione. In due parole: o si cambia o si muore.