di Giancristiano Desiderio
Forse, Renato Brunetta è un conoscitore di Hegel e della sua opera Lineamenti di filosofia del diritto. La provocazione di fare una legge per obbligare i diciottenni a lasciare le comodità della casa di mamma e papà, infatti, è una vecchia idea del filosofo tedesco che, in verità, all’età di trent’anni, a differenza di quanto ha confessato il ministro, sapeva rifarsi bene il letto visto che proprio a diciotto anni viveva in una stanza per studenti a Tubinga insieme con Schelling e Holderlin. Dunque, l’idea del ministro della Funzione pubblica che dice “obbligherei per legge i figli ad uscire di casa a diciotto anni. Sono le vittime di un sistema e di un’organizzazione sociale in cui sono i genitori a dover fare mea culpa” non può essere definita, come è stato subito fatto, una semplice provocazione. Tutti, invece – forse, anche lo stesso Brunetta – l’hanno considerata una provocazione, tutt’al più un paradosso. Un altro ministro, Giorgia Meloni, ministro della Gioventù ha risposto, ad esempio, con una contro-provocazione: “Invece di fare una legge per mandare fuori di casa i diciottenni facciamone un’altra che obblighi chi è andato in pensione a quaranta anni a ridare indietro i soldi ai giovani che quelle pensioni le dovranno pagare per tutta la vita”. Non ce ne voglia il ministro della Gioventù, ma tra le due “provocazioni” è molto più probabile che si possa fare una legge per mandare fuori di casa i diciottenni che ottenere la restituzione delle pensioni dai baby pensionati. La provocazione di Brunetta, quindi, non è una cavolata.
Oddio, fare una legge per stabilire che una volta compiuto il diciottesimo anno di età i ragazzi devono lasciare mamma e papà presuppone lo Stato etico e siccome sappiamo come in Italia è andata a finire la storia dello Stato etico è meglio lasciar perdere. Tuttavia, perché stabiliamo che a diciotto anni si è maggiorenni, grandi e vaccinati se poi riteniamo che si debba restare a casa dei genitori a tempo indeterminato? E’ vero: ci sono problemi di ordine pratico: la casa, il lavoro, i soldi. Ma non sarà che ci sono problemi e ostacoli proprio perché si resta a casa finché si vuole, tanto ci sono i genitori che ci pensano e per andar via c’è sempre tempo?
Hegel la pensava esattamente allo stesso modo: anche lui riteneva che i figli, una volta diventati maggiorenni, dovevano lasciare la casa del padre per uscire dalla famiglia ed entrare nella società civile e creare a loro volta una nuova famiglia. Sarà anche passato un bel po’ di tempo da quando Hegel scriveva queste cose, ma se l’idea, per una davvero strana astuzia della ragione, è nuovamente riaffiorata con un ministro che ha confessato che fino a trent’anni non sapeva neanche come fare per rimettere a posto il letto, ci sarà pure un motivo. Hegel, in particolare, riteneva, anzi ritiene che l’educazione dei figli sia una “seconda nascita” e lo scopo dei figli e dell’educazione è diventare liberi. Proprio per questo motivo considera “il rapporto di schiavitù” dei figli con i genitori che c’è nella “famiglia romana” una negativa sudditanza. Da noi, e soprattutto al Sud, è prevalso questo modello, solo che oggi non sono i figli ad essere schiavi dei genitori, bensì i genitori ad essere schiavi dei figli.