di Giancristiano Desiderio
L’ospedale di Sant’Agata dei Goti apre (forse) e la Provincia chiude o almeno traballa. A conferma, semmai ce ne fosse bisogno, che la sanità è un affare della politica e dei partiti, prima che dei medici e dei malati. Il nuovo ospedale zonale di Sant’Agata dei Goti, capace di servire un’area vasta a cavallo tra valle telesina e caudina e facilmente raggiungibile da molti comuni, è al centro ormai da molte settimane di un puzzle politico che solo ora comincia a prendere forma visibile. E i due volti che appaiono sono quelli di Antonio Bassolino e di Clemente Mastella.
Il sindaco di Sant’Agata dei Goti, che è anche assessore della giunta Cimitile, dopo essere stato mantenuto per due mesi a bagnomaria, ha finalmente avuto un incontro a Napoli. Con lui c’erano anche esponenti dell’opposizione, come Pietro Farina (Pdl) e Salvatore Pollastro (Udeur), ma anche Fernando Errico e il direttore dell’Asl 1 di Benevento Bruno De Stefano. Che cosa ha sortito l’incontro sul quale, in verità, c’è un assordante silenzio? Sembra che ci siano tre novità.
Da Franceschini a Bersani
Primo. Il sindaco Valentino, firmatario della “mozione Franceschini”, ha dato la sua disponibilità a cambiare partito nel suo partito. Questa sua mossa, non si sa se apprezzata o meno da Bassolino, gli dovrebbe quanto meno consentire di avere un canale un po’ più diretto con il commissario, visto che finora è stato costretto a fare interminabili anticamere. Crea, è vero, delle novità in seno al Pd beneventano e nella stessa giunta provinciale, ma è altrettanto vero che la forza politica del Pd di Benevento è tristemente esigua nei rapporti di forza che governano (si fa per dire) la sanità in Campania. Del resto, l’amministrazione santagatese si era andata a cacciare con le sue stesse mani in un imbuto o vicolo cieco: da una parte aveva avallato la posizione dell’Asl che ha chiuso il vecchio ospedale di Sant’Agata e ha mantenuto aperto l’ospedale di Cerreto senza aprire il nuovo, e dall’altra parte non aveva alcun canale di trasmissione con Napoli. Un disastro. Almeno ora la baracca si è raddrizzata. Ma il passaggio pre-congressuale da Franceschini a Bersani di un sindaco conta poco nell’economia del Pd il cui vero problema è l’applicazione della legge 16 prima del voto di primavera. Quanti ospedali possono permettersi di chiudere? L’ospedale di Sant’Agata è fondamentale per un ipotetico sistema sanitario sannita, ma nella cornice delle elezioni regionali e delle aspirazioni del Pd e del suo candidato – De Luca? – è poca cosa.
Udeur e nodo Cerreto
Secondo. In teoria – e va sottolineato teoria – la “posizione terza” dell’Udeur è stata bocciata. La scelta di Bruno De Stefano di chiudere prima il vecchio ospedale San Giovanni di Dio – scelta, in verità, dettata anche dalle condizione pietose in cui versava la struttura, praticamente senza malati – e trasferire reparti e funzioni a Cerreto Sannita e solo in un secondo momento aprire il nuovo ospedale di zona aveva creato l’illusione che si potessero tenere in piedi nel raggio di pochi chilometri due ospedali: uno a Cerreto e il nuovo a Sant’Agata. Questa linea, subito sposata dall’Udeur – ma in realtà dettata e creata dall’Udeur che in provincia di Benevento ha in mano la sanità – si è rivelata appunto una illusione nell’incontro di Napoli. Almeno – sottolineiamo – in teoria. La pratica, come si sa, è sempre altra cosa. Ora bisogna effettivamente capire cosa accadrà a Cerreto: non tanto con le proteste, che contro di loro hanno la stessa legge 16 e quindi sono giuridicamente molto deboli, quanto con la cosiddetta riconversione o riutilizzo dell’ospedale. Che cosa significa “riconversione” in termini sanitari e occupazionali? Ecco il nodo da sciogliere, sempre che ci sia qualcuno che ci lavori e lo sciolga.
Senza data
Terzo. E’ questo il tassello che manca: la data. E’ vero che è stata indicata la data del 15 ottobre come inizio delle operazioni ospedaliere al nuovo ospedale, ma è anche vero che la data è allo stesso tempo molto vicina e molto vaga. Perché nessuno si assume la responsabilità di annunciare che, come vuole la legge regionale, il 15 ottobre il nuovo ospedale di Sant’Agata dei Goti comincerà ad essere operativo. Questo è il tassello più importante senza di cui non si va da nessuna parte.
Fin qui ciò che è dato ricostruire dell’incontro napoletano. Ma perché l’apertura del nuovo ospedale – se ci sarà e tutti, per ragioni sanitarie, si spera ci sia, ma qui il buon senso è come il cavolo a merenda – dovrebbe essere in conflitto con la Provincia a tal punto da metterla in crisi? Beh, intanto perché la Rocca dei Rettori, a dispetto del suo nome, è fragile e ha una debolezza politica di fondo. Dalla crisi la Provincia non è mai uscita. Ma con la chiusura dell’ospedale di Cerreto – chiusura, va detto, inevitabile perché non ci sono soldi per cantare contemporaneamente due messe – la posizione del vicepresidente provinciale, Antonio Barbieri, diventa più scomoda di quanto già non sia.
La sconfitta di Barbieri e la crisi della Provincia
Naturalmente, a determinare le sorti della Provincia non è l’ex deputato berlusconiano, ma i due consiglieri a lui molto vicini: Bettini e Rubano. Soprattutto quest’ultimo ogni tanto fa sentire il proprio scontento e non sembra che Barbieri possa continuare ancora per molto a garantire una situazione che, nei fatti, gli si sta rivoltando contro. La chiusura dell’ospedale di Cerreto, se avverrà, verrà letta anche come una sua sconfitta, anche se sarà semplicemente l’applicazione di una legge. La sconfitta sociale di Barbieri indebolisce Barbieri e di conseguenza Cimitile che continua a fare il pesce in barile. C’è poi il terzo incomodo: il presidente del consiglio provinciale Maturo. “Io ricopro un ruolo istituzionale” ha detto più volte. Prevarrà il suo ruolo istituzionale o l’appartenenza al partito di Mastella? Molte cose sono destinate a cambiare, il tempo è maturo.