di Simone Aversano
Sono all’ordine del giorno le notizie, battute dai principali organi d’informazione locali, riguardanti l’incendio di qualche altro cassonetto dell’ASIA destinato alla raccolta dei rifiuti. Il fenomeno ha preso corpo ormai da qualche mese, ma sembra stare subendo una crescita in queste settimane estive, dominate, in città come in provincia, da un caldo torrido che difficilmente si sopporta. Certamente non c’è la temperatura molto alta tra le cause dei numerosi “fuochi” appiccati ai cassonetti cittadini, ma l’ironia della sorte vuole che, appunto, i due fenomeni si incontrino ed intreccino in questa estate 2009, in cui la città sembra proprio non voler andare in ferie. Cittadini ed amministratori, privati ed istituzioni, in ferie ci vanno eccome: basta fare un giro per le strade cittadine in questi giorni per trovarle vuote e deserte. Ma sono appunto certi fenomeni ed avvenimenti a non voler mollare la presa, a non voler lasciare che la popolazione del capoluogo sannita si possa serenamente rilassare lontano dalla calura d’agosto.
Probabilmente Benevento non aveva mai subito in maniera così ampia il problema dei cassoneti dati alle fiamme, neppure all’epoca tanto sofferta dell’emergenza rifiuti napoletana, che portò anche da noi l’immagine dei contenitori stracolmi e dei cumuli di immondizia lungo le strade. In quell’epoca, appunto, la situazione sembrò rimanere tutto sommato sotto controllo. Oggi, tempo in cui si sta cercando, non senza risultati, di migliorare la differenziazione dei rifiuti nostrani, paradossalmente si respira qualche cosa che non va, e non si tratta solo di puzza e odori spiacevoli. Facendo un salto forse indebito, sono due gli episodi recenti da osservare: l’incendio al capannone di Barletta a San Giorgio del Sannio (di cui tanto si sta parlando in questi giorni soprattutto grazie ad Altrabenevento), e l’incendio che colpì un supermercato della zona Ponticelli a Benevento, una notte di qualche settimana fa. Due vicende non ancora chiarite, dietro le quali sembra, non si sa perchè, insinuarsi con certa prepotenza l’ombra del malaffare e della criminalità. Almeno è questo che si sente, questa l’aria che si respira pur cercando in tutti i modi di rimanere in perfetta buona fede.
Fatto questo salto, se torniamo indietro ci accorgiamo che forse la strada non era sbagliata: anche dietro all’inestinguibile fenomeno dell’incendio dei cassonetti dei rifiuti si nasconde una qualche sensazione che le cose non siano del tutto casuali, che non si tratti di singoli episodi distaccati l’uno dagli altri. Il fuoco è sempre fuoco, è difficile fare un distinguo tra un incendio e l’altro. D’atra parte, se l’incendio non è fortuito ma è provocato dalla condotta di qualcuno, una ragione in quel gesto criminale ci deve essere. Ed è in quella ragione, nella determinazione che sta spingendo da mesi “qualcuno” a bruciare la nostra città che affonda le sue radici la verità dietro tutto questo. Criminalità? Criminalità organizzata? “Concorrenza sleale” e atti intimidatori tra rivali? La risposta è affiata alla Magistratura, alle Forze dell’Ordine ma anche all’informazione. Raccontare in un clima di stanca distrazione è un dovere forse più forte che mai. Nella speranza che a svegliare i pochi cittadini rimasti a casa non siano più soltanto le sirene dei Vigili del Fuoco, ma anche le sirene d’allarme di un’informazione che racconta e fa riflettere. Perchè i primi a morire, quando c’è un incendio, sono quelli che tardano a ridestarsi…