Ci risiamo. Tentano nuovamente di buttare fango su don Peppino Diana. Stavolta il tentativo viene dall’onorevole Gaetano Pecorella, presidente della Commissione Parlamentare sul ciclo dei rifiuti e avvocato difensore di Nunzio De Falco. Colui che viene processato come il mandante dell’omicidio di don Giuseppe Diana e riconosciuto colpevole e condannato all’ergastolo nel processo di primo grado. L’onorevole Pecorella, a quindici anni di distanza dalla morte di don Diana, rilancia la campagna diffamatoria sulla morte del sacerdote mettendo in discussione la sentenza della Cassazione del marzo 2004 che ha confermato l‘uccisone per mano della camorra, avvenuta il 19 marzo del 1994 nella sua chiesa a Casal di Principe, perché era diventato un simbolo della lotta contro i clan. Non conosciamo i motivi per i quali l’onorevole Pecorella rilancia questa campagna. Ma non ci meravigliamo più di tanto, perché questi sono tempi in cui i mafiosi vengono definiti eroi e coloro che si battono contro i poteri criminali e hanno dato la vita, vengono continuamente messi in discussione. Don Giuseppe Diana invitava i giovani e il suo popolo a ribellarsi alla dittatura armata della camorra. E lo aveva fatto sin dal 1991 con quel profetico documento “per amore del mio popolo” col quale sottolineava che “La Camorra è una forma di terrorismo che incute paura, impone le sue leggi e tenta di diventare componente endemica nella società campana.” E denunciava le collusioni con la politica: “È oramai chiaro che il disfacimento delle istituzioni civili ha consentito l’infiltrazione del potere camorristico a tutti i livelli. La Camorra riempie un vuoto di potere dello Stato che nelle amministrazioni periferiche è caratterizzato da corruzione, lungaggini e favoritismi.”
Don Diana è morto per testimoniare il Vangelo e per affermare i valori in cui credeva. Questo conta per migliaia di giovani che il 19 e il 21 marzo scorso sono arrivati a Casal di Principe e a Napoli per riaffermare, con la loro presenza, la scelta di lottare contro i poteri criminali, proprio come don Diana. E questo conta per le decine di giovani che in queste settimane stanno dando vita ai campi di lavoro sulle terre di Don Diana a Castel Volturno, per far nascere la cooperativa che produrrà mozzarella di bufala e prodotti biologici sui beni tolti ai mafiosi e ridati alla comunità.
Ora Don Diana appartiene al suo popolo e ogni nuovo tentativo di delegittimarne la sua figura è anche un tentativo fatto contro chi si batte per l’affermazione della legalità in territori dove la camorra ha radici profonde. Invitiamo, pertanto, le comunità locali, i sindaci, le istituzioni, gli insegnanti, i sacerdoti, i semplici cittadini, a far sentire la propria voce nei confronti di chi vuole riportare indietro i nostri paesi e riconsegnarli all’oblio della dittatura della camorra.
Comitato don Peppe Diana
LIBERA Associazioni Nomi e Numeri contro le Mafie
A.G.E.S.C.I. Regione Campania