di Pietro Di Lorenzo
Parlare di una comunità, di un campanile, di uno dei piccoli comuni della nostra provincia, ma in realtà si discute di tutto un territorio che presenta il conto. Un conto amaro che lascia sul campo disoccupazione e miseria, che riporta la memoria ed il ragionamento ad un pesante atto di accusa e la classe politica sul banco degli imputati.
Parliamo di Limatola, ma potremmo riferirci anche ad altri comuni. Qui è successo che mentre quarant´anni fa c´era un Fiume Volturno con l´acqua chiara, tanti ettari di terreno pianeggiante e coltivabile, con il tabacco coltura principale, adesso tutto sembra essere sparito. Il Volturno c´è ancora, ma è ormai uno dei fiumi più inquinati d´Italia. Gran parte dei terreni sono rimasti, ma restano incolti ed in parte occupati da capannoni inutilizzati o fabbricati in corso di costruzione. Limatola, paese senza disoccupazione, anzi, con la necessità di richiamare giovani dai comuni vicini (ma anche da Napoli) per dare man forte alle tante aziende che, negli anni d´oro, assumevano e producevano, adesso è veramente cambiata. Ma in questi casi, a volte, si sostiene che bisogna toccare il fondo per poter poi risalire. Non vogliamo qui analizzare i fallimenti della classe politica, bisognerebbe eventualmente fare un contraddittorio, ma semplicemente relazionare sulla fine di un mito.
Un´attività industriale ogni sessanta abitanti, decine di altre aziende artigianali e commerciali. Ed ancora aziende dell´indotto Fiat, con attività di cablaggio e stampaggio che trovavano posto in ogni piccolo seminterrato o capannone. Importanti aziende del polo serico di San Leucio trasferite a Limatola con centinaia di operai. Tanti giovani diventati imprenditori a poco meno di vent´anni ed impegnati ad assumere e contemporaneamente a trattare con banche fidi milionari e prestiti utili a mandare avanti l’azienda. Insomma una vera “eldorado”. Il modello è miseramente fallito a cominciare dai cosiddetti “terzisti”. Chi produce “conto terzi” è da sempre l´anello debole della catena, è costretto a ridurre continuamente i ricavi ma vede poi aumentare i costi di produzione. A questo si aggiunga che spesso il committente non mantiene gli impegni (di pagamento) e quindi il nostro imprenditore vede stringersi sempre più la corda al collo. Magari a tutto ciò si aggiunge la carenza di lavoro provocata dall´azienda più grande, che comincia a giocare proprio come fa il gatto con il topo. Il topolino non trova più credito nelle banche e non può pagare gli operai, che promuovono giustamente vertenze sindacali. I fornitori chiedono invano di essere pagati. Ed è a questo punto che il “terzista” salta, anche perché l´azienda gli ha chiesto di applicare un prezzo che è impossibile da mantenere. Si passa poi alle istanze di fallimento ed ai pignoramenti.
Questa è la storia in pillole della ex Svizzera del Sud. Con una differenza. A Limatola non c´è Piano Urbanistico Comunale, non c´è un´area di Insediamenti Produttivi, manca una rete idrica efficiente, l´illuminazione pubblica è poco funzionale, non esiste una rete fognaria, il comune è stato in dissesto finanziario e sembra doverci ripiombare, la strada provinciale è una incredibile incompiuta (bisogna percorrerla per rendersene conto), c´è un passaggio a livello che chiude sei ore al giorno e rappresenta una vera barriera alla libera circolazione. Tante aziende chiuse con centinaia e centinaia di persone licenziate o in cassa integrazione. Un territorio flagellato. Dove manca persino la toponomastica. Non esiste l´indicazione delle strade e dei numeri civici: incredibile! Ecco cosa resta della Svizzera del Sud.