di Simone Aversano
Sono alcuni anni che la città di Benevento sta conoscendo una certa crescita nel numero di visite giornaliere lungo le strade. Un dato che significa molte cose, ma alcune in particolare: mentre le entrate dovrebbero aumentare, perchè più persone dovrebbero consumare di più, allo stesso tempo la città dovrebbe reagire crescendo, sviluppandosi nei servizi e nelle infrastutture ma anche migliorandosi dal punto di vista dei rapporti civici tra la gente. In altre parole, si tratta di un impulso allo sviluppo, di un momento di passaggio verso una situazione più florida per ogni cittadino e per la città intera. Almeno così dovrebbe essere se la nostra comunità sapesse sfruttare questo impulso e trasformarlo davvero in opportunità. Ma purtroppo così non sembra essere.
Il problema, in pratica, sta nella capacità di assorbire e di sviluppare le risorse che arrivano dall’ambiente esterno, principalmente dall’hinterland e dalla provincia più lontana, ma in parte anche dall’intera regione o da fuori. Benevento ha la possibilità di veder crescere finalmente il proprio tessuto economico, da sempre troppo debole per qualsiasi vero slancio creativo e per qualunque vera crescita anche sociale. Tuttavia l’evidenza racconta che mancano persino gli strumenti basilari per far sì che l’aumento di utenze si trasformi in aumento di risorse proprie e quindi in crescita economica. Non è necessario mettersi a studiare delle carte, basta scendere in strada e dare un’occhiata a quello che succede ogni giorno. Lo spettacolo è alquanto triste e a tratti fa anche rabbia. Un centro storico-culturale che potrebbe essere di prim’ordine per tutto il Mezzogiorno, non riesce neppure ad accogliere in modo adeguato le automobili in una normale giornata lavorativa. Ormai è questa la realtà immediatamente visibile: ci sono troppe automobili e troppo pochi parcheggi, troppe persone e troppo poco spazio aperto al pubblico.
Le soluzioni sono due: costruire e investire, sfruttando soprattutto l’iniziativa privata; oppure lasciar tutto così, facendo in modo che col tempo anche le attuali attrattive economiche che Benevento suscita svaniscano completamente, per lasciar spazio alla vita quotidiana che i beneventani erano soliti trascorrere fino a qualche anno fa. Forse però al passato non si potrà tornare in ogni caso, perchè almeno un segno di questo impulso allo sviluppo dovremo portarcelo avanti anche nei prossimi anni: è il segno dell’inquinamento. Se più utenze portano potenziale maggiore ricchezza, più automobili portano certamente più smog, più fumo tossico che invade l’aria di tutti, bene fondamentale soprattutto per un piccolo antico borgo come Benevento. Anche i dati sull’inquinamento a Benevento non bisogna leggerli su uno schema o su un costoso studio ambientale: basta uscire fuori e fare il pedone lungo le vie più trafficate. Spesso neppure al mattino presto l’aria è salubre. Forse è stato anche per questo che al Comune si è pensato di avviare una serie di giornate ecologiche per far respirare la città e i cittadini. Ma tutti sappiamo che ciò è servito veramente a poco, infatti lo smog è ancora lì e minaccia di abbandonarci in un futuro sempre più lontano.
Se la questione potesse rimanere così lineare, forse riceverebbe anche maggiore attenzione da parte di tutti. Invece si parla poco di traffico e di inquinamento nel capoluogo sannita, probabilmente anche perchè la cosa più difficile è trovare una soluzione che calzi. E la difficoltà sta nel fatto che il problema dell’inquinamento e quello del traffico sono strettamente connessi con un altro grave problema che recentemente sta emergendo sempre di più a Benevento: l’inciviltà. Piccoli atti vandalici, scritte sui muri, generale violazione delle regole, veri e propri atti criminali. Il menu è abbastanza vario anche nella piccola Benevento, città tranquilla per definizione imposta ed errata. Ma se la realtà è meno tranquilla di quello che sembra e si vorrebbe far apparire, non è soltanto per l’escalation criminale che si sta registrando dall’inizio del 2009. La radice dell’illegalità affonda in terreni quasi leciti, e perfora il tessuto della nostra comunità fino alla più normale convivenza quotidiana. E’ questa la nostra più vera illegalità, quella che non abbiamo importato da nessun clan del casertano o del napoletano, ma viene direttamente dalla nostra mentalità beneventana: il mancato rispetto delle regole, perpetrato costantemente più come costume sociale che come abitudine. L’auto in seconda fila o in divieto di sosta sono soltanto un paio di esempi tra i più comuni e generalizzanti. Ma il problema sta anche qui, sta in questi comportamenti spiccioli in cui vive una buona parte dell’essenza delle beneventanità. Ed è inutile nascondersi ancora dietro il borghesismo e il perbenismo tipico della nostra storia, siamo tutti colpevoli del possibile degrado che la nostra città può raggiungere, così come di quello che essa sta già vivendo.
E a concludere tutta la faccenda c’è l’intervento delle autorità e delle istituzioni. Si tratta di azioni fin troppo superficiali per essere persino criticate, azioni di una miopia quasi sfacciata che sembrano avere il sigillo della beneventanità, anche loro. Lo strumento più efficace, di solito, contro il traffico selvaggio sono le contravvenzioni, che altro non sono che la risposta della legge a chi la viola. Ma a Benevento non sono un’arma usata con intelligenza, perchè vanno a colpire in momenti specifici e non sempre, in alcune zone e non in tutte. Pare che oggi sia stata rinnovata l’intenzione di ricorrere a questo strumento per disciplinare la cittadinanza, che troppo spesso supera le regole come non esistessero. In attesa di vedere se si tratta di un’intenzione concreta, un dato va rilevato: le multe potranno migliorare la situazione soltanto fino a un certo limite. Poi, se i parcheggi continueranno a non esserci e se le strade continueranno a non essere accoglienti e funzionali, il problema rimarrà ugualmente. Forse sarebbe ora di rimboccarsi le maniche sul serio, tutti. Dai cittadini agli automobilisti, passando per le istituzioni e le autorità. Benevento deve darsi una risposta. La domanda è già posta e il tempo stringe. E l’eventualità che siano i fattori esterni a rispondere per noi incombe sempre più minacciosa.