di Giancristiano Desiderio
(Liberal) – Benevento è divisa da un bue. E’ divisa geograficamente e moralmente. E’ una storia bella e intrigante che merita di essere raccontata. Il Bue Apis, uno dei molti simboli di questa nobile cittadina, è collocato all’ingresso del viale San Lorenzo perché lì, tanto tempo fa, c’era una delle otto Porte da cui si entrava in città: Porta San Lorenzo. L’animale immobile è lì da circa quattrocento anni – trecentottanta, per essere precisi – ma la sua storia è molto più antica perché risale alla tarda età imperiale dell’epoca di Domiziano. L’assessore alla Cultura dell’amministrazione comunale, Raffaele Del Vecchio, ha avanzato una proposta: spostiamo il Bue Apis al centro della città: tra la chiesa, il chiostro di Santa Sofia da un lato e la Rocca dei Rettori e il Palazzo della Prefettura dall’altro. Una bella idea perché nel complesso monumentale di Santa Sofia c’è il Museo del Sannio – un museo egizio secondo solo a quello di Torino – e nel palazzo governativo c’è Arcos, ossia il museo di arte contemporanea. Il Bue Apis – noto a Benevento con il nome di a’ ufara – sarebbe un ideale e materiale simbolo di collegamento tra l’Antico e il Moderno (dove l’antico è più moderno e il moderno il più delle volte appare antico). Un’idea valida – secondo chi scrive – ma che ha causato la quasi sollevazione dei cittadini che abitano vicino al Bue Apis e non vogliono che il loro più antico abitante cambi casa.
Il comitato in difesa del Bue sfodera l’argomento della memoria storica. L’argomento si può così riassumere: non lo si può spostare senza dare un colpo alla memoria storica di Benevento. Si può capire il dispiacere dei cittadini innamorati del “pio bove”: la scultura è affascinante, nobile, maestosa, superba e vedendola andare via ci si sente più poveri. Tuttavia, la sua originaria collocazione si perde nei misteri dell’antica storia beneventana e tutto si può dire, tranne che quello attuale sia stato da sempre il luogo che l’ha ospitato. La memoria storica, in questo caso è una storia antiquaria, non certo una storia critica. All’ingresso di viale San Lorenzo la meraviglia del Bue Apis sembra quasi uno spartitraffico. Spostarlo altrove non significa offendere la storia cittadina, semmai vorrebbe dire riscoprirla dando valore e nuovo significato a quello che fu, senz’altro, un antico dio. Il nuovo luogo, infatti, che lo ospiterebbe è senza traffico automobilistico: l’inizio del Corso Garibaldi, la strada più importante della cittadina. Forse, il comitato in difesa del Bue Apis dovrebbe essere orgoglioso che il suo più importante abitante sia richiesto dal Comune per essere posto al centro della città per farne addirittura il simbolo più bello, più del celebre Arco di Traiano. La memoria storica non sarebbe offesa, bensì difesa e ringiovanita.
L’idea di Raffaele Del Vecchio merita di essere difesa anche per un motivo politico. A volere la giusta chiusura al traffico di Corso Garibaldi, ridando così respiro materiale e spirituale alla città, fu l’amministrazione di centrodestra guidata dal sindaco Sandro D’Alessandro che completava un disegno pensato e avviato dal sindaco che ha caratterizzato la storia politica e amministrativa degli ultimi quindici anni: Pasquale Viespoli. Oggi c’è un governo cittadino di centrosinistra e l’idea di Del Vecchio avrebbe il merito di prendere il testimone di quella che fu una scelta – l’idea pedonale – che proprio la sinistra fu tentata di mettere in dubbio. Il Bue Apis sarebbe il simbolo di una identità nella diversità e rafforzerebbe quella che per Benevento è ormai una scelta irreversibile: il consolidamento di una politica cittadina che investe nella cultura.
Dunque, gentile assessore, gli giunga da queste colonne il mio sostegno e vada avanti facendo uso di ragione e persuasione pubblica: spieghi meglio l’idea che merita di essere condivisa.