(Epicentro Benevento) – Il Carmine Nardone che incontriamo nella spaziosa sede di Futuridea non è il ritratto della felicità. Gli impegni non gli mancano, anzi. Conferenze e viaggi all’estero sono il suo pane, se non quotidiano, mensile. Ma ha il magone, anche se non lo confessa, per quanto è accaduto e sta accadendo dalle parti della Rocca dei Rettori. Non porta la contabilità degli “sgarbi” e non porta rancore. L’idea di un’intervista nasce spontanea. Non è programmata, cioè. Ma Nardone non si sottrae, anzi si fa prendere la mano.
Presidente Nardone, il Marsec è in vendita, Art Sannio è stata commissariata, nubi si addensano sul futuro dell’Asea: era questo il destino che immaginava per le agenzie della Provincia?
«Certamente no. Cercherò di spiegarne le ragioni».
Cominciamo con il famoso satellite.
«In Italia i servizi satellitari, prima del Marsec, erano organizzati a carattere commerciale, poco orientati alla ricerca e alla sperimentazione di nuovi servizi, con una visione monopolista e quindi con difficoltà ad avere servizi efficienti a costi accettabili per la pubblica amministrazione. Basti pensare ai costi delle foto aerofotogrammetriche indispensabili per la pianificazione urbana. Va aggiunto che i satelliti erano utilizzati quasi sempre per scopi militari. La nostra sfida era orientata al raggiungimento di scopi civili e comuni. E la strada per raggiungere i migliori risultati era tracciata»
Qual era?
«Sul Marsec ho sentito tante parole e innumerevoli polemiche. Pochi hanno fatto rilevare che ci sono disposizioni di legge, per gli enti locali, che prevedono una soluzione consortile per accogliere le esigenze e rafforzare le competenze di questi servizi e, nel caso specifico, di una stazione operativa nazionale qual è il Marsec».
Cosa non ha funzionato?
«Le difficoltà sono cominciate negli ultimi anni, allorquando nelle leggi finanziarie, sia dei governi di centrosinistra che di centrodestra, è cominciata la caccia “al pubblico”, con l’addebito generalizzato di negatività e senza mai entrare nel merito. Ponendo limiti alle società “in house”, con una visione che non esito a definire qualunquistica, è evidente che si appalesa fortemente la tentazione di liberarsene».
Cosa bisognava fare, invece?
«Bisognava chiedere una deroga al Parlamento e aprire un confronto con le forze politiche per partecipare a forme consortili nazionali ed europee. E’ poca accorta, e anche insostenibile, la tesi che il Marsec sia e per sempre solo una società della Provincia. E’ chiaro che se non persegui questa strada e ti trovi di fronte a dei costi, pensi anche a venderla».
Ma è del tutto sbagliato decidere di liberarsene o quantomeno di alleviare la gestione con la partecipazione finanziaria di soggetti privati? Le richieste, a quanto pare, non mancano
«Il Marsec, come è noto, era fondamentale anche nell’attività della Regione per scoprire le vastissime sacche di abusivismo presenti in Campania. C’era un programma specifico (Mistral). Mi chiedo: ma in un territorio, in un Paese, così devastato l’unico costo che non si può sopportare è quello del monitoraggio satellitare? E si deve chiudere, o non finanziare, una stazione che aveva raggiunto una credibilità internazionale, che aveva rapporti con le maggiori agenzie internazionali? Credo che facendo ciò, si sia a corto di amore e di orgoglio per questa terra».
D’accordo, ma, così si dice, c’era e c’è un problema di vil denaro…
«C’erano due commesse importanti per il Marsec. Una proveniva dalla Regione Campania, un milione di euro per i “servizi di tutela unificata” del patrimonio candidato al riconoscimento Unesco. Un’altra era stata assegnata dal ministero dell’Ambiente. Sarebbero arrivati i soldi necessari per non finire nello squilibrio di cassa. Adesso, invece, bisogna ripianare e ciò potrebbe indebolire la trattativa con i privati interessati all’acquisto».
A suo dire, allora, non c’è la giusta sensibilità per questi argomenti?
«Noi abbiamo impostato il tutto per raggiungere un obiettivo fondamentale: usare la conoscenza per il bene comune».
In cambio cosa è arrivato?
«Tanta demagogia, tante inesattezze. Tutti a sparare contro le agenzie, senza mai far notare che i nostri erano i cda meno pagati e che non abbiamo avuto alcuna difficoltà e alcuna esitazione (a differenza di altri enti pubblici, ndr) ad allinearci ai contenimenti di spesa e di rappresentanza voluti dall’ex ministro Lanzillotta».
Un’agenzia alla volta. Cominciamo dall’Asea
«E’ nata dopo la partecipazione positiva a un bando europeo con disponibilità di fondi. Finito il finanziamento diretto, si acquisisce il titolo a partecipare a bandi riservati dell’Unione Europea. Se l’Asea chiude, la possibilità sfuma.
L’idea era quella di fare rete europea, di recepire e adottare nuove tecnologie. Anche in questo caso bisognava caricarsi dell’impegno di recuperare il gap tra la conoscenza e l’uso della conoscenza per il bene comune».
E Art Sannio, attualmente commissariata?
«Mi piange il cuore. Penso alla rete museale, ad Arcos, al recupero di quei locali abbandonati, penso ai tanti artisti di livello internazionale, penso all’impegno di Danilo Eccher e Mimmo Paladino. Eravamo mossi dall’idea di una grande qualità progettuale che ci avvicinasse alla possibilità di “entrare” nei grandi eventi della Regione Campania, di ottenere finanziamenti per incrementare flussi economici e turistici».
Visto che ci troviamo, parliamo anche di Sannio Europa?
«Prima diciamo un’altra cosa. Non ho mai considerato le agenzie una prerogativa della sola maggioranza. Ho sempre garantito le opposizioni, anche assumendosi personalmente la responsabilità. Non l’ho potuto più fare negli ultimi mesi di gestione e questo è stato il primo, vero, terreno di contrasto con il Pd. La verità è che era assente la voglia di fare bene».
Torniamo a Sannio Europa, le cui quotazioni, tuttavia, ci sembrano in rialzo
«Ripeto che sulle società bisogna discutere seriamente. Spesso si sente parlare di strumenti di pianificazione come autentiche rarità. E invece la Provincia, proprio tramite Sannio Europa, li ha già elaborati, ottenendo risultati e riconoscimenti europei come nel caso della Carta della naturalità. Quello che abbiamo prodotto è a disposizione di tutti e nessuno dice che se ci fossimo rivolti all’esterno avremmo speso dieci volte tanto».
Mettiamo la parola fine all’argomento agenzie
«Il confronto vero va sviluppato sulla progettualità di questi organismi, tenendo conto che tagliando o sottovalutando, si va incontro alla riduzione globale delle possibilità di sviluppo. Non è sempre tempo di “nuovo inizio”. Bisogna anche tener conto delle radici».
In verità, si aspettava che il presidente Cimitile agisse in aperta discontinuità con la sua gestione?
«Non voglio parlare di Cimitile. E’ libero di scegliere di governare nel modo che ritiene più opportuno. Non ho nulla da chiedergli e a nessun titolo, pur sapendo che la lista “Progetto Sannio” (ispirata da Nardone, ndr) con più di 11mila voti gli ha dato un sostegno importante. Ripeto non ho nulla da chiedergli: per il presente, per il passato e per il futuro»
Suvvia, non può liquidare così la vicenda…
«Guardi, durante la campagna elettorale Cimitile aveva espresso imbarazzanti elogi alla precedente amministrazione. Tante persone, in buona fede, hanno tenuto conto anche di questo e, per certi versi, ne hanno subito il fascino in termini elettorali.»
Una volta eletto….
«Forse sarebbe stato utile, non per me ma per il territorio, un “passaggio di consegne” più programmato. Ora, tutto quello che fa è merito suo»
Cosa è accaduto con i dirigenti “storici” dell’ente, tanto da convincerli al pensionamento anticipato?
«Tra le cose dette dal presidente Cimitile figura l’affermazione che la Provincia non ha bisogno di eroi (per molti il riferimento era al cosiddetto comitato di direzione: Iannelli, Foschini e Muollo, ndr). Allora, la mia colpa è stata quella di esaltare il ruolo del personale interno, senza guardare all’appartenenza politica? E perché non avrei dovuto ringraziare e tenere in grande considerazione i dipendenti, visto i tanti problemi che hanno dovuto superare e risolvere. Penso alla tangenziale ovest, alla diga di Campolattaro ma non voglio fare elenchi».
E chi le dice che Cimitile non possa fare altrettanto, quanto a gestione delle risorse umane?
«Sono il primo ad auspicare che si faccia meglio del passato. Di più, faccio il tifo perché ciò avvenga. Di sicuro, io non ho fatto preferenze né lottizzazioni. Pensiamo al contributo degli esterni, all’autonomia e all’eccellenza di professionisti come il compianto Sergio Rotili o al geologo Pierino Di Paola. Non ho mai chiesto la tessera di partito».
Parlavamo del personale interno….
«Diciamo che non si dimostra buon gusto ignorando quello che è successo prima. Si parla dell’importanza del Protocollo di legalità ma non si spende una parola per i cosiddetti dirigenti-eroi».
Ci vuole una spiegazione
«Non appena fu operativa la normativa, la Provincia di Benevento fu la prima a sottoscrivere il protocollo, accogliendo l’invito della struttura burocratica e del prefetto dell’epoca. Fu un momento, anche quello, importante perché ci aiutò a superare criticità e difficoltà. E toccò proprio ai dirigenti sottoscrivere gli atti per allontanare circa 60 aziende che, a vario titolo, – sulla base delle “note riservate” – non risultavano specchiate».
Cambiamo argomento. Anche sulla centrale a biomasse si continua a operare e a dichiarare come se nulla fosse accaduto in precedenza…
«Io mi sono sempre assunto le mie responsabilità. Anche se la campagna di disinformazione è stata vergognosa. Una per tutte: l’accordo con la Provincia di Bergamo fu stipulato in un momento in cui l’argomento del giorno era la spaccatura del Paese tra Nord e Sud. Due presidenti di provincia, uno del Nord e di centrodestra, l’altro del Sud e di centrosinistra avviano una collaborazione, rivelatesi poi fondamentale all’atto dell’emergenza rifiuti, e succede il finimondo».
La centrale, però…
«Il discorso è antecedente ai rapporti con Bergamo. Anche in questo caso c’è stata disinformazione. La Provincia poteva esprimere solo un parere consultivo e promuovere un comitato scientifico Non poteva dire né no, né sì. Ma di questo si è parlato poco. Dovevano emergere le motivazioni scientifiche»
Vale a dire?
«Tutti dobbiamo farci carico di capire in che modo possiamo fare riferimento alle nuove tecnologie. Non va bene la centrale a biomasse? Bene, non si fa; ma non bisogna criminalizzare quella tecnologia. E sulle motivazioni per non farla bisogna essere seri. Il no non deve essere ideologico.
Ma, poi, come mai nessuno fiata visto che in Italia si vuol tornare, speditamente, al nucleare? E come mai, anche in provincia di Benevento, si continua a sottovalutare il fenomeno degli incendi incontrollati e del rischio diossina a essi collegati? In ogni caso il dibattito non è sereno. Ad esempio, come sarebbe stato possibile bruciare rifiuti nella centrale? Mica si poteva fare di nascosto. Ci sono regole da rispettare. E i controlli non mancano. Non realizzare la centrale è un’occasione perduta».
Perché il Pd non ha ritenuto di utilizzare una risorsa, in termini di esperienza e di conoscenza della vita amministrativa dell’ente, come Giorgio Nista? Forse perché temevano un’identificazione con la presidenza Nardone?
«Bisognerebbe chiederlo al Pd. Io so solo che Nista è stato un ottimo assessore, alla pari di tanti altri. Penso anche a Grimaldi».
Da Nista a Grimaldi, ma quest’ultimo è dell’Udeur. Che c’entra con il Pd?
«Pensavo ad altro. Grimaldi è stato per cinque anni assessore ai lavori pubblici. E di opere ne abbiamo realizzato tante. Non mi pare siano emerse quelle telefonate e quei contatti che per tanti mesi hanno occupato le cronache dei giornali».
Torniamo al Pd. Esiste una “questione morale” in Campania?
«La questione morale ha un’origine ben precisa. E’ esplosa quando i partiti hanno messo fine alla collegialità, al dibattito interno che creava gli anticorpi. Tangentopoli ci ha consegnato una classe politica compromessa ma non erano molto diffusi i casi di arricchimento personale».
Vuole dire che oggi c’è un sistema più personalistico?
«Voglio dire che c’è bisogno di una nuova qualità della politica. Si torni alla collegialità, ci si confronti con gli organi di partito e con i cittadini invece che, in maniera autoreferenziale, con i propri staff o con i gruppi di riferimento».
A proposito di “questione morale”: coltiva ancora il desiderio di fondare il “partito del broccolo”?
«Sono felice di essere apparso come un “broccolo”. Mi sarei vergognato del contrario. E poi valuto anche gli aspetti positivi della vicenda».
Sarebbe a dire….
«Avrò meno problemi con i miei figli che ora sanno di non potersi aspettare molto da me, in termini puramente materiali».
E’ morale o immorale tenere in piedi casi di evidente incompatibilità politica?
«Non ho pratica di doppi incarichi. Quando fui eletto presidente della Provincia nel 1998 mi dimisi da parlamentare. Non mi pare che l’orizzonte politico, a destra come a sinistra, sia affollato di rinunciatari alla doppia indennità. Quel che è certo, aggiungo, che dal giorno delle dimissioni a quello della decadenza da deputato (aprile 1999) ho percepito un solo stipendio».
Futuridea, la sua creatura, è attivissima nel campo della ricerca e dell’approfondimento sullo sviluppo sostenibile. E’ solo questo il contributo che Carmine Nardone può dare alla sua città, alla sua provincia e alla sua regione? O c’è qualcosa all’orizzonte?
«Partiamo dall’ultima domanda. Il mio rapporto con la politica è inesistente per l’assenza di luoghi dove fare politica».
E Futuridea?
«Cerchiamo di cogliere e di assecondare l’innovazione e di guidarla. Sono argomenti che la politica non coglie. Penso a quanto siano trascurate le tecnologie per evitare gli incidenti sul lavoro o per rendere più agevole la vita dei disabili. In questo la politica è assolutamente inadeguata, ancorata a vecchi schemi ideologici».
Ma Futuridea le dà soddisfazione?
«L’ho già detto. Oggi il problema non è la conoscenza in quanto tale. La sfida sta nel realizzare la capacità di uso della conoscenza. A volte penso agli enti chiamati a impostare programmi triennali. E se tra sei mesi cambia tutto? Perché non adeguarsi all’avanzamento della tecnologia e sfruttarne le potenzialità concrete. Quanto a Futuridea, siamo circondati da grande attenzione e lo dimostra il ciclo di conferenze che sta tenendo in queste settimane il professor Ruggero Santilli».
Ecoserre per migliorare la qualità e produrre energia, telecamere e specchi rovesciati per assicurare sicurezza ai cittadini, restauro paesaggistico delle cave abbandonate, con impianti fotovoltaici. Nardone non si fema più. Ma per essere un’intervista non programmata è gia molto. Anzi, moltissimo.
Bruno Menna