(Velino) Roma 28 novembre 2008 – “In Campania l’elite bassoliniana ha fallito, adesso sta sorgendo un’altra elite politica. La differenza tra le due? La prima era “immobile”, perchè aveva come punto di riferimento un determinato partito e un leader ben preciso. La seconda è “mobile” perchè più pragmatica e meno legata ad appartenenze. Cosa le accomuna? In entrambi i casi si tratta di elite che non curano gli interessi delle masse e quindi non favoriscono lo sviluppo della democrazia”. Così il filosofo e giornalista Giancristiano Desiderio si inserisce nel dibattito aperto alcuni giorni fa sul Corriere del Mezzogiorno dallo storico Paolo Macry il quale ha individuato importanti trasformazioni in atto in queste settimane sulla scena pubblica napoletana.
“Mentre quella che era la corazzata del centrosinistra campano scompare nelle nebbie invernali – ha scritto Macry -, il teatro cittadino si riempie di attori non professionali, personalità estranee ai partiti, amministratori defilati dai santuari del potere regionale, associazioni volontarie, club di interessi”. Insomma, “classi dirigenti più mobili, meno monolitiche, meno costrette dalle appartenenze, inusitatamente pragmatiche”.
Si tratta di un fenomeno che “nasce dalla crisi di leader storici, partiti e sindacati”, ma anche “dal declino di una concezione ideologica e politicistica dell’amministrazione pubblica, la quale negli anni scorsi aveva legittimato il formarsi di coriacee e ristrette elite a loro volta costruite sul criterio della fedeltà al Palazzo e dunque al conformismo”.
Macry rileva che queste nuove elite non hanno ancora un profilo ben delineato e soprattutto non si sa “se e quando indicheranno un’ipotesi di nuova amministrazione e di nuova città”.
Intanto, però, “i giornali si appassionano alle gesta dei nuovi tecnici” a questi “amministratori non sempre organici agli assetti di potere”.
A Claudio Velardi, assessore al Turismo della Regione Campania, è piaciuta la definizione di “elite mobile” coniata da Macry. Proprio nella disastrata Napoli, ha messo in rilievo Velardi nel suo intervento sul Corriere del Mezzogiorno alcuni giorni dopo l’articolo dello storico, “la società dimostra di avere dentro di sè risorse vitali, inesaurite riserve di energia che si mettono, naturalmente quasi casualmente, a disposizione dell’immane opera di ricostruzione da compiere”. Per Velardi “è chiaro che il sistema che ci regge non ha più niente da dire e da offrire, nelle forme date, negli attuali schieramenti e nelle persone in carne ed ossa”. Queste elite, secondo l’assessore, devono però darsi dei contenuti, risolvere la forme in cui esprimersi e individuare anche una propria leadership.
Desiderio, al contrario, è alquanto scettico su un possibile ricambio a Napoli della classe politica. “Macry in sostanza – spiega il filosofo – sostiene che nell’ambito del circuito politico campano stiano sorgendo embrioni di una nuova classe dirigente connotata da una certa mobilità. Dove per mobilità Macry intende dire che si sentono svincolate dall’appartenenza prettamente ideologica e partitica, sicchè il loro punto di riferimento non è il partito o il leader del partito quanto invece l’amministrazione e il territorio.
Queste elite, sia a destra che a sinistra, sarebbero composte da nuovi amministratori che non si ritrovano o potrebbero non ritrovarsi nel sistema di potere messo in piedi da Bassolino a Napoli e in Campania negli ultimi tre lustri. Non sono d’accordo con Macry perchè ritengo che le elite siano talmente sganciate dalla comunità che le esprime e che dovrebbero amministrare, da risultare loro stesse il vero ostacolo alla democrazia”.
Desiderio cita il famoso lavoro di Christopher Lasch “La ribellione delle elite” nel quale l’intellettuale statunitense ha messo in rilievo come l’ordine sociale contemporaneo venga minacciato non più, come un tempo, dalla ribellione delle masse, ma dalle classi privilegiate che non sono mai state tanto isolate dal contesto che le circonda come accade oggi.
Per Desiderio le elite moderne, a livello internazionale, nazionale ma anche locale, sono scollate dalla realtà sociale, hanno perso il collegamento con la vita quotidiana delle persone comuni: insomma, sono slegate dalle società che governano. “Un esempio è proprio il sistema bassoliniano – dichiara Desiderio – che è una sorta di piramide con al vertice il leader e poi a scendere una scala gerarchica. Sia questo potere di Bassolino, come le nuove elite individuate da Macry sono a mio parere sganciate dalle comunità di appartenenza.
È come se vivessero in un altro mondo e non si pongono proprio il problema di governo. Bassolino, per esempio, dopo aver amministrato la Campania per 15 anni adesso se ne andrà a Bruxelles. Queste elite hanno una visione turistica: una volta stanno da una parte, poi se ne vanno altrove”.
Il fatto che le elite siano completamente svincolate dalle comunità di riferimento, spiega Desiderio, “costituisce un ostacolo allo sviluppo della democrazia, alla diffusione delle idee e alla distribuzione della ricchezza”. Insomma, la politica si è trasformata in puro carrierismo. “Mentre una volta esisteva il carrierismo, che però era l’effetto dell’esistenza della politica la quale aveva comunque una sua funzione – continua Desiderio -, oggi purtroppo è rimasto solo quel deleterio effetto: il carrierismo politico.
Dal momento che è aumentata la distanza tra le elite, cioè il carrierismo politico, e gli amministrati, oggi è tremendamente difficile arrivare al ricambio politico. Perchè le elite chiaramente tendono a non voler essere sostituite”.
Come si colma questa distanza tra società e classe dirigente?
“Si dovrebbe ripartire dai fondamentali – risponde Desiderio -, dall’amministrare cose e uomini, che poi è il compito che dovrebbero svolgere coloro che vengono eletti. Purtroppo le amministrazioni non compiono i propri doveri quotidiani, non svolgono le loro funzioni. Si occupano di altro. In Italia, poi, avviene una cosa singolarissima: alla presenza dello Stato in ogni attività corrisponde il minimo di amministrazione. Più si allargano le sfere dello Stato e viene invocata una sua maggiore partecipazione, meno lo Stato svolge la sua funzione principale che è quella di amministrare. Questo è un fenomeno che riguarda l’Italia intera, ma in Campania è più marcato che altrove”.