(Sanniopress) – Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia 2012; vorrei descrivere le emozioni, gli eventi, le discussioni accese e i confronti sul presente e il futuro della nostra professione a cui ho partecipato come volontario; le migliaia di storie che si intrecciano in una settimana in cui il gotha del giornalismo italiano e stranierp si confronta con centinaia di giovani giornalisti che hanno negli occhi la voglia di cambiare il mondo, anche e soprattutto attraverso l’uso delle nuove tecnologie.
Già, nuove tecnologie e web 2.0; partecipazione e collaborazione con i cittadini, piattaforme social e nuovi spazi di espressione per chi crede in un giornalismo di qualità che metta al centro la gente e non le solite vecchie facce. Ma l’IJF non è solo novità editoriali e tecnologiche, è anche e soprattutto scoprire che esistono giornalisti, come Jean Claude Mbede, che hanno avuto il coraggio di denunciare un potere che opprime e che ti costringe a pagare con la vita o l’esilio la “colpa” di far bene il tuo lavoro. Persone che, con una semplice parola e un sincero sorriso, stimolano a migliorare il tuo modo di svolgere una professione troppo spesso dipendente dal potere, che spingono a guardare avanti e a lottare per dare voce a chi non ne ha, che riescono a farti comprendere come sia dura ma bella la vita.
Poi ti presenti, spieghi a giornalisti affermati che vieni dal Sannio e ti senti rispondere che è incredibile come in una terra così ricca di storia il clientelismo e il mastellismo sia ancora così radicato. Il Sannio? Una bomba che sta per esplodere; Benevento? Una delle città più chiuse in se stessa, in cui il primo giornale locale è assuefatto a logiche di partito e non si degna di indagare su affari, malaffare e intrecci poco chiari tra politica, camorra, P3 e P4. Una città dove si decide che tutto è tranquillo, che tutto sommato si vive bene, ma si dimentica che le maggior parte delle giovani e brillanti menti del capoluogo scappano per trovare fortuna altrove.
E poi ci sono i sogni, le speranze di chi sa che probabilmente sarà precario a vita ma che cerca in tutti i modi di impegnarsi per emergere. Ventenni che conducono trasmissioni radiofoniche antimafia che, a dispetto delle intimidazioni che subiscono, vanno avanti perchè credono nella missione del giornalista che è quella di smascherare, denunciare e informare i cittadini su tutto ciò che accade e non solo su quello che fa più comodo raccontare.
Voglio chiudere con una frase tratta dal blog di Jacopo Tondelli, direttore del quotidiano on-line Linkiesta, che racchiude tutto ciò che accade e che è accaduto nella settimana del Festival del Giornalismo di Perugia: “Il bello di questo Festival è che sa mischiare i registri e li sa valorizzare. Sopratutto, al di là di ciò che crediamo noi che saliamo sui palchi a parlare a Perugia, i veri protagonisti sono quelli che sotto i palchi ascoltano, prendono appunti, scrivono, fanno domande, scuotono il capo o annuiscono. Sono, insomma, i giovani che vogliono fare i giornalisti e che portano a Perugia la passione, la curiosità, la professionalità e l’esperienza contrattuale di “nativi precari”. Di giovani che vogliono fare questo lavoro e sanno che il cambio di tecnologia non cambia i fondamentali del giornalismo, ma rende solo più spietata la competizione. In pochi si lagnano e si lamentano, in molti invece combattono, si incazzano, si propongono. A dispetto di tutto, credono nella mobilità sociale che questo mestiere può incarnare, soprattutto in quest’epoca di cambio tecnologico”.